Arezzo, 8 marzo 2012 - Le indagini sono iniziate con cinquant'anni di ritardo, dopo la scoperta dell'Armadio della vergogna, nel 1994. Ma alla fine le pene sono arrivate. I condannati, pero', sono liberi. Nonostante abbiano sulle spalle un ergastolo, quindici ex criminali di guerra nazisti non hanno mai messo piede in carcere. Sono accusati di alcune delle piu' gravi stragi compiute in Italia fra il 1943 e il 1945, come l'eccidio di Sant'Anna di Stazzema, del 12 agosto 1944, quando furono trucidate 560 persone. Ma ci sono anche due dei grandi massacri aretini, quello di Falzano di Cortona, del 26 giugno 1944, e di Civitella, 29 giugno dello stesso anno.
A ricordarlo e' stato il pg militare Antonio Sabino, nella sua relazione alla cerimonia di inaugurazione dell'anno giudiziario. Riguardo i ''procedimenti ormai definiti'' per crimini di guerra, ha detto, ''sono in corso 16 procedure di esecuzione. Una sola condanna e' in esecuzione in Italia, quella dell'ergastolo emessa a carico di Erik Priebke per l'eccidio delle Fosse Ardeatine''. Per gli altri criminali le autorita' tedesche hanno negato l'estradizione e il mandato di arresto europeo non e' stato eseguito.
Si tratta, secondo i dati forniti oggi nel corso dell'inaugurazione dell'anno giudiziario militare, di Werner Bruss, Alfred Concina, Ludwig Goring, Karl Gropler, Georg Rauch, Horst Richter, Heinrich Schendel e Gherard Sommer, tutti condannati all'ergastolo per la strage di Sant'Anna di Stazzema, nella quale il 12 agosto 1944 furono trucidati 560 civili, tra cui 116 bambini, il piu' piccolo di soli 20 giorni. Ergastolani a piede libero anche Eduard Josef Scheungraber, condannato per l'uccisione di 13 persone a Falzano di Cortona, e Max Josef Milde, ex orchestrale della divisione 'Herman Goering', riciclatosi nella 'Feldgendarmerie', condannato per la strage di Civitella d'Arezzo del 29 giugno 1944, costata la vita a 207 civili.
Definitiva la condanna all'ergastolo anche per Hermann Langer, ex sottufficiale delle SS accusato della strage della Certosa di Farneta (Lucca), in cui persero la vita circa 50 persone e per Heinrich Nordhorn responsabile di aver ordinato l'impiccagione, per rappresaglia, di dieci persone a Branzolino e San Tome', nel forlivese. Gli altri tre condannati all'ergastolo con sentenze irrevocabili sono Max Schneider, Helmut Wulf e Ernst Wilhelm Kusterer, accusati degli omicidi compiuti nei territori dei comuni di Fivizzano e Fosdinovo, dove tra il 17 e il 27 agosto 1944, su ordine del maggiore Walter Reder, furono trucidate 346 persone, in maggioranza donne e bambini.
Le procure militari e la procura generale hanno cosi' chiesto l'esecuzione della condanna all'estero, ma ''allo stato - ha spiegato Sabino - non si hanno notizie in ordine a quale seguito sia stato dato da parte della competente autorita' governativa italiana''. Oltre ai condannati per la strage di Sant'Anna di Stazzema, fra gli ergastolani liberi - ormai tutti quasi novantenni - ci sono gli autori di altri eccidi, come quello di Civitella d'Arezzo del 29 giugno 1944, costato la vita a 207 persone. Liberi anche i responsabili degli omicidi compiuti a Fivizzano e Fosdinovo, tra il 17 e il 27 agosto 1944: 346 le vittime, in maggioranza donne e bambini.
Le inchieste sui crimini di guerra, comunque, non sono finite. Le procure militari ne stanno portando avanti ancora 29, con 10 indagati noti. Fra queste c'è l'inchiesta sulla strage di Moggiona di Poppi, portata avanti dalla procura militare di Roma. La mancata esecuzione delle pene non e' il solo motivo di rammarico per i magistrati militari italiani. Il 3 febbraio la Corte internazionale di Giustizia dell'Aja ha ribaltato quando deciso dalle sentenze italiane e ha stabilito che la Germania non deve risarcire chi, negli anni del Terzo Reich, ha subito la violazione dei diritti umani. Una decisione che ha dato ''tanti motivi di amarezza'' al presidente della Corte militare di appello, Vito Nicolo' Diana. ''Resto convinto - ha chiosato Sabino - che nel faticoso lavoro di interpretazione e applicazione delle norme vada sempre scelta la via che fa prevalere sulla ragion di stato la ragione dei diritti fondamentali della persona''.
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