Arezzo, 25 gennaio 2013 - "Un fiore che dal giardino della terra, se ne va nel giardino del cielo". Così il parroco della chiesa di Sant'Eusebio a Tavarnelle ha salutato Valentina. Una piccola chiesetta medievale tracolma di gente, stretta intorno al dolore struggente di una famiglia che si è vista strappare il suo fiore più bello.

Per l'ultimo saluto a Valentina c'erano proprio tutti. Gli ex compagni del liceo scientifico, i colleghi dell'università, con cui appena un mese fa aveva condiviso l'emozione di una laurea. Poi gli scout, gli amici suoi e dei genitori. Una cerimonia composta, sobria, come era stata nella sua breve vita Valentina Felpi. Delicata ragazza di Tavarnelle di Cortona, una bella famiglia intorno, una carriera universitaria travolgente. A 22 anni si era già laureata: un mese fa, il 12 dicembre, con babbo Carlo, mamma Simonetta, la sorellina Giulia, tra i clic e i sorrisi dell'Università di Arezzo. Laureata in lingue, la sua passione, una capacità naturale di imparare ad esprimersi nelle lingue del mondo. Anche se riservata, Valentina era sempre impegnata nello studio: ma generosa, come testimonia tutta la sua crescita nello scoutismo, nel gruppo di Cortona.

Valentina è stata uccisa da una rara sindrome, con un nome complicato, la Waterhouse–Friderichsen. Un addio straziante il suo. La malattia, quei primi segni che diventano un campanello d'allarme. Il passaggio all'ospedale della Fratta, lì dove la mamma fa l'infermiera e lavora, poi il trasferimento al Pronto Soccorso di Arezzo e quindi in sala di rianimazione. Martedì sera, poche ore prima della fine arrivata poco dopo le 5 di ieri mattina.

PROFILASSI E intanto è scattata la prevenzione, con profilassi per una cinquantina di persona: parenti, amici e sanitari che sono venuti in contatto con la ragazza nelle sue ultime ore, quando la meningite era già in incubazione.

La profilassi si accompagna a un pizzico di psicosi, con molte persone che si presentato in ospedale chiedendo chiarimenti: abbiamo avuto contatti con la ragazza, come dobbiamo comportarci? Per il dottor Marcello Caremani, primario di malattie infettive del San Donato, dove la giovane è morta, si tratta di un caso quasi unico. "Ne ricordo uno simile a un militare, ma si parla di 25 anni fa".

Il telefono dell'ospedale suona a ripetizione: tanti chiedono di sapere, sapere come debbano regolarsi, se devono iniziare la profilassi o no, se devono avere paura o no. O se devono solo piangere la morte dell'amica, uccisa da una meningite fulminante, poche ore prima di iscriversi al biennio di specializzazione. Negli occhi ancora la festa di un mese fa, sotto la coroncina di alloro per la laurea conquistata.