Arezzo, 16 dicembre 2016 - Solo Banca Etruria ci ha rimesso una trentina di milioni. Buttati in un cantiere che non aveva neppure accesso al mare, quello dello yacht di Civitavecchia che avrebbe dovuto, nella propaganda venduta ai giornali, essere destinato a qualche supervip (si parlò persino di Brad Pitt e Angelina Jolie ancora sposati) e che invece continua ad arruginire al sole di un cantiere mai completato.
Dispersi nel gorgo di una gigantesca distrazione patrimoniale che adesso la procura di Civitavecchia certifica essersi trasformata in bancarotta fraudolenta. L’avviso di chiusura indagini è stato appena notificato a Mario La Via, messo quest’estate agli arresti domiciliari, e ad altri dieci ex amministratori di Privilege Yard, la società costruttrice sprofondata nel fallimento.
E’ una sorta di staffetta, quella che avviano i Pm di Civitavecchia. Loro hanno concluso la loro parte di indagini nella quale le banche, che nell’affare hanno gettato, come in un pozzo senza fine, qualcosa come 130 milioni, figurano quali parti lese, ora tocca ai colleghi del pool che indaga ad Arezzo.
E qui almeno una banca, Bpel appunto, capofila del pool che erogò i finanziamenti, non è più la vittima dei raggiri altrui, ma la protagonista a sua volta di un’altra bancarotta, per la quale sono già indagati alcuni ex amministratori eccellenti. Anche a Palazzo di giustizia l’atto che suggella la conclusione dell’inchiesta, la più colorita fra tutte le ipotesi di bancarotta scaturite dal crac, dovrebbe essere questione di giorni, al massimo di settimane.
Quantoi a La Via e agli altri amministratori di Privilege, a loro si contesta di aver distratto ben 79 milioni dai bilanci della società e di averne spediti almeno 63 nel paradiso fiscale delle Isole Vergini, dove operava la controllata Privilege Inc. Ci sono poi altri scenari minori di distrazione patrimoniali: Maserati e Ferrari intestate alla società e usate dai protagonisti, ma soprattutto, ed è il caso più scottante, 700 mila euro destinati alle opere di bene del cardinale Tarcisio Bertone, all’epoca segretario di stato vaticano. L’alto prelato chiedeva, da solo o per tramite della sua segreteria, Mario La Via pagava, puntuale come un bancomat.
Ma erano solo bruscolini, rispetto a quanto sono state gabbate le banche, di cui la Finanza nell’informativa conclusiva, segnala la scarsa «diligenza». In sostanza, il pool guidato da Etruria richiese prima di erogare il finanziamento da 100 milioni per la costruzione della nave (ma prima ce ne era stato un altro da 20 per il cantiere, più altri minori, compreso quello per l’impianto fotovoltaico affidato all’aretina High Facing) un aumento di capitale da 80 milioni. Che Privilege interpretò a suo modo, conferendo i progetti per lo Yacht, valutati appunto quella cifra, ma che per i periti valevano niente o quasi.
Le banche si sentirono così a posto e concessero nel 2011 i finanziamenti, che però furono effettivamente erogati solo nel settembre 2012, perchè si era aperto un contenzioso sull’effettività della garanzia di Barclays.
Intanto, però, dal 2008, funzionava a pieno ritmo il meccanismo grazie al quale Privilege dirottava i soldi nei paradisi fiscali: 63 milioni a Privilege Inc., 16 a Privilege Fleet Management. Capitale sociale distrutto e banche rimaste con le sofferenze (è proprio il caso di dirlo) in bilancio. Tocca ora ad altri Pm, quelli del pool aretino, dire se gli amministratori di Etruria furono solo vittime o anche protagonisti
di Salvatore Mannino