Arezzo, 5 gennaio 2016 - La solitudine dell'orso. Rimarrà da solo. L'unico animale «highlander» chiuso in una gabbia del Parco di Cavriglia, quell’Arca di Noè sulla terra ferma a metà degli anni ‘70 anche per cementare il rapporto di amicizia tra il Comune più «rosso» d’Italia e alcuni Paesi dell’ex Unione Sovietica, sarà l’orso Bruno. Entrò nel recinto dell’oasi naturale nel 1975, dono dello zoo estone di Tallin per onorare la memoria del partigiano ucraino Nicolaj Bujanov, ucciso in Valdarno dai nazifascisti nel 1944. Dal 2009, da quando cioè morirono la sua compagna Lisa e il figlio, il plantigrado è l’unico abitante dello spazio nel bosco.
Troppo vecchio con i suoi quasi 40 anni per essere rimesso in libertà, è curato dagli operatori di una cooperativa, a cui si affianca un attivo gruppo di volontari, e dal veterinario Mauro Della Gatta. In natura l’età media si aggira sui 25 anni. Bruno, dunque, non potrà lasciare le colline cavrigliesi, mentre molte altre bestiole di specie autoctone sono già partite.
Lungo l'elenco: dal maiale Peppa, ora ospite del santuario di Ippoasi, alle galline mugellesi Bonnie & Clyde, dai coniglietti alle quaglie. Restano rinchiusi i 17 macachi arrivati a metà degli anni ‘80. Si stanno raccogliendo fondi per un prossimo trasferimento in un centro specializzato in Olanda, dove finalmente potranno vivere in semilibertà. Particolarmente complesse le operazioni di cattura e trasporto e serviranno diverse migliaia di euro. Per questo la Lega antivivisezionista ha lanciato una campagna di autofinanziamento. Solo dopo gli ultimi addii, le gabbie verranno smantellate e il parco volterà pagina per diventare un Eden per gli amanti delle passeggiate all’aria aperta e una fattoria didattica.