Firenze, 5 novembre 2010 - Tutta colpa dei genitori. I nemici della scuola non sono i tagli di un ministro, gli edifici inadeguati, gli studenti indomiti, ma sono le famiglie.

 

Se i ragazzi di oggi studiano poco o male, se sono maleducati, se è impossibile farsi ascoltare e far rispettare le regole, la colpa non è di Berlusconi o della società cattiva ma è di chi li ha messi al mondo e li ha cresciuti, padri e madri che hanno smesso di fare i genitori.

 

Che anziché allearsi con gli insegnanti e fare muro contro l’ignoranza e l’eterna infanzia, aggrediscono i professori se hanno dato un’insufficienza al figlio, piangono o si dimenano se addirittura bocciano, ridono se il pargolo chiama cretino quello di lettere e deficiente quella di matematica, si stupiscono se dopo aver offeso l’automobilista davanti (troppo lento) e aver posteggiato in terza fila si ritrovano in casa un arrogante che “vedesse come mi tratta, non so più cosa fare”.

 

Ce n’è per tutti, nell’ultimo libro di Antonella Landi, la professoressa di lettere scoperta qualche anno fa da Mondadori per il suo seguitissimo e a quel tempo anonimo blog “Profe mi giustifico”. E’ ormai alla sua terza opera letteraria, questa brillante insegnante delle superiori, schietta e sensata come può esserlo una donna cresciuta nella provincia fiorentina e con genitori “d’altri tempi e in altri tempi”. Voleva intitolarlo “Ulli ulli chi li fa se li trastulli”, il libro, ma la casa editrice ha preferito un più corrosivo “Tutta colpa dei genitori”.
 

Oltre all’intervista in video, che potrete vedere, aggiungiamo l’intervista scritta. Leggetela, ascoltatela, e poi diteci cosa ne pensate scrivendo a ge[email protected] oppure lasciando un commento su http://club.quotidiano.net/fiechter , il mio blog, su cui poter partecipare al dibattito tra i lettori.

L'INTERVISTA

Il libro non era ancora uscito in libreria che già la insultavano con e-mail di fuoco. Cosa le hanno scritto, professoressa?
Che da me non si aspettavano un libro così colpevolizzante verso i genitori. Ma se ancora non è uscito e non lo avete neanche letto, rispondevo, come fate a giudicare? Vede, si difendono prima ancora di capire.
 

Qual è il senso del libro?
Cercare di stimolare delle domande, convincere i genitori a farsi un autoesame. Perché un ragazzo almeno fino a 18 anni non è un uomo e soprattutto è quello che si è fatto diventare. E perché in diciotto anni di insegnamento ho visto trasformare i genitori da guide dei loro figli a comparse deboli e sempre pronti a scaricare sulla scuola tutto il peso dell’educazione.


Un esempio di trasformazione?
Mi ricordo Massimo, ero all’inizio della mia carriera, vennero i genitori al ricevimento e dovetti dire loro che il figlio era entrato in un giro di insufficienze da schedina di calcio. Mi chiesero di chiamarlo. Quando arrivò lo presero a ceffoni davanti a me. Troppo, direte, e sono d’accordo. Ma fra quell’estremo e le scene di cui mi trovo oggi testimone, dove di fronte a una comunicazione come quella mi sento aggredita perché “non capisco il loro ragazzo” o “che lo sottopongo a uno stress eccessivo”, allora meglio i ceffoni, e comunque l’ideale sarebbe una via di mezzo.


Cosa manca al genitore di oggi?
Manca la capacità di mettere dei punti fermi, delle regole, di assumersi la responsabilità di chi deve educare. Che poi è quello che i figli vogliono. Non capiscono, i genitori, che se fossero più coerenti e più severi nel difendere i banali principi di buon senso e buona educazione, otterrebbero più stima e rispetto.


Ma anche il mondo, in questi decenni, è cambiato. Può una famiglia combattere da sola contro facebook, i videogiochi, i telefonini sempre accesi, le veline e i tronisti?
Ecco, questa è la classica reazione della maggior parte dei genitori, anche i più sensibili. Certo che il mondo è sempre più complicato e dispersivo, ma allora che facciamo, smettiamo di educare? Smettiamo di spiegare cosa è giusto e cosa è sbagliato, qual è il tempo dello studio e il tempo per il gioco o la chattata, che si mangia seduti e non davanti alla Tv, che non si offende l’amico o l’insegnante? Cose semplici, ma essenziali per insegnare a vivere e a utilizzare meglio i mezzi che hanno a disposizione.
 

La scuola e gli insegnanti non hanno alcuna colpa?
Sono la prima a dire che i problemi ci sono e che non tutti i professori sono all’altezza del compito. Ma finchè i genitori non andranno nella stessa direzione della scuola e non combatteranno dalla stessa parte della barricata, le fatiche di tutti saranno sprecate.  

 

 

Abbiamo sintetizzato alcuni esempi fatti da Antonella Landi nel suo libro “Tutta colpa dei genitori”

 

 “Un giorno ho chiesto di fare una ricerca sulla musica degli anni Settanta. I ragazzi sono tornati con dei dignitosi lavoretti fatti in Internet. A nessuno è venuto in mente la cosa più semplice, chiederlo ai genitori. Allora ho chiesto perché non conoscevano i gusti dei genitori e loro, con commovente sincerità, mi hanno spiegato che non lo sapevano, che di queste cose non parlano mai con i loro genitori, che anzi parlano poco o nulla di qualsiasi cosa perché babbo e mamma lavorano o sono sempre di corsa. Ho fatto un calcolo di quanto tempo passano in media insieme, le famiglie: trentacinque minuti. Dieci minuti per la colazione, quindici per la cena e i dieci rimanenti per chiedere i soldi prima di uscire per i fatti propri o tornare a facebook”.

 

Poi ci sono i genitori che hanno studiato, quelli che si presentano ai colloqui pensando di insegnarci a fare l’insegnante. Ma fin qui ce la caviamo. Il dramma esplode quando infamano i docenti dei loro ragazzi coi loro ragazzi stessi. “Mamma, quello di filosofia mi ha dato tre”. E lei: “Quello di filosofia è un deficiente, domani ci vado a parlare io e gliene canto quattro”.


In generale i genitori tendono a proteggere i figli anche dalla fatica, come se avessero paura di buttarli nella mischia della vita, nell’agone dell’esistenza. Avevo uno studente timido e introverso che però tornava da casa con dei compiti perfetti. Scoprii più tardi che la mamma si sostituiva regolarmente a lui risolvendo e scrivendo al posto suo.

 

E’ provato statisticamente (da me medesima) che otto genitori su dieci, di fronte al voto basso, piangono. Per lo più in presenza del figlio stesso. Perché quel fallimento scolastico è lo specchio dove vedono riflessa l’immagine del loro fallimento educativo, perché provano l’impressione che quel due sia stato dato non al ragazzo di casa, ma a loro.


Ho fatto un giochino, ho cercato su Internet alla voce Libri sull’infanzia. Mi sono divertita. Per qualsiasi problema c’è una pubblicazione. Il bambino non dorme? Non mangia? E’ geloso? Rissoso? Guarda troppa televisione? Si tende ormai a delegare qualsiasi problema all’esperto. Non a caso programmi come “Sos Tata” o “Adolescenza: istruzioni per l’uso” hanno un gran successo. Questo ci dice una sola cosa: che nell’educazione dei loro figli si fanno dare pappa e ciccia da una completa sconosciuta che si accampa a casa loro per una settimana e che al terzo giorno ha ottenuto più rispetto di quello che loro due messi insieme hanno racimolato dal giorno della nascita della prole ad oggi.

Poi ci sono i genitori amici: “Sa professoressa, è che io ho capito che i genitori bisogna siano amici dei loro figli. E’ questo il segreto. Bisogna essere presenti, farsi raccontare le cose, pensi che la Matilde mi ha raccontato perfino di essersi fatta una canna”. “E lei come ha reagito? “Ho pensato: è così sincera che è meglio stare zitti, se no la prossima volta non me lo racconta”. Ma di amiche ce ne sono tante. Quelle che scarseggiano sono le mamme vere, quelle che devono pronunciare dei no fermi e convinti, che in una certa fase della vita devono anche farsi detestare da chi amano molto.


Le punizioni non esistono più. E’ normale portare il figlio in settimana bianca anche dopo una pagella piena di insufficienze? Il ragazzo tornerà abbronzato e arrogante. Ma perché sono arroganti i genitori, che non hanno il buon senso di rinunciare a qualcosa per educare i loro figli.