Perugia, 10 maggio 2012 - LA GUERRIGLIA urbana esplode in tutta la sua violenza alle 23,40 di martedì. Un colpo di pistola riecheggia nei vicoli del centro storico di Perugia, a piazza Danti, cento passi dalla Fontana Maggiore, poco meno dalla Cattedrale.
Dove in una notte qualsiasi si consuma l’imponderabile. Un tentato omicidio, una città messa a ferro e fuoco. La lama di un coltello ferisce quasi mortalmente un tunisino, tra gli sguardi terrorizzati della gente. E’ guerra tra bande per il controllo dello spaccio o vendetta per una partita di droga non pagata agli albanesi. Quattro di loro hanno rincorso Alabi Anedden (28 anni) al quale era stata puntata contro l’arma, una scacciacani. I connazionali del ferito, ricoverato in prognosi riservata, sono chiari: «Ogni albanese che incontriamo lo ammazziamo». Vogliono pareggiare il conto. Si scatena la caccia all’albanese, i magrebini sono armati di pistole e mazze da golf. Cercano vendetta. Sfondano le vetrine, irrompono nei locali, devastano le piazze, utilizzano i cartelli divelti come spranghe per attaccare le pattuglie della polizia. Accecati dalla rabbia non hanno paura di nessuno. La polizia, assediata, spara un paio di colpi in aria per evitare il linciaggio del branco che lancia bottiglie di vetro e sferra bastonate alle volanti. Durante la notte due tunisini vengono arrestati per danneggiamenti e lesioni a pubblico ufficiale, mentre alcuni agenti finiscono all’ospedale.
A Perugia arrivano i rinforzi. C’è la «Celere», quella della Diaz. E i perugini li implorano di restare. Ma la battaglia per il controllo del territorio non è finita. Mentre in Prefettura il comitato per l’ordine e la sicurezza vara un piano straordinario di controllo che prevede quasi una militarizzazione del centro storico, in piazza Grimana, davanti alla storica università per Stranieri un albanese diventa ostaggio del branco di magrebini. Circondato dai tunisini viene accoltellato. Il questore, Nicolò D’Angelo è lapidario: «Queste cose non devono accadere. I colpevoli saranno trovati e puniti. Siamo stati aggrediti anche da gruppi di giovani perugini che andavano in sostegno di magrebini. Lo dicono le telecamere». Il giorno dopo Perugia, la Disneyland della droga, è una città martoriata dalla guerra dello spaccio. Le polemiche infuocano i palazzi del potere, lungo le strade però la giustizia criminale non è stata ancora fatta.
Erika Pontini
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