Prato, 2 dicembre 2013 - UNA STRAGE annunciata. Un capannone ridotto ad ammasso fumante, sette morti, due ustionati gravi e altri due feriti lievi, un bambino scampato alla tragedia per un soffio. È tragico il bilancio dell’incendio scoppiato all’alba di ieri in un pronto moda gestito da cinesi al Macrolotto, zona industriale alla periferia di Prato. Una zona in cui i cinesi vivono e lavorano in condizioni disumane, dove la commistione tra unità lavorative e abitative — nella più totale illegalità e assenza di norme di sicurezza — è diventata una costante.
Erano disumane anche le condizioni in cui vivevano i sette operai — tutti orientali — morti carbonizzati nel rogo scoppiato per cause ancora da accertare nella confezione «Teresa Moda». L’allarme è scattato poco prima delle sette quando un ex carabiniere, Leonardo Tuci, ha notato fumo nero e fiamme alzarsi da uno dei tanti anonimi capannoni del Macrolotto. «Mi sono avvicinato — ha raccontato Tuci — e ho visto una coppia di cinesi con gli abiti anneriti e bagnati che chiedevano aiuto. Gridavano che all’interno del capannone erano in tanti. Li ho aiutati a tirare fuori altre due persone e insieme a un collega abbiamo chiamato i soccorsi. Era un inferno: dall’interno provenivano grida strazianti».
NEL GIRO di pochi istanti sono arrivati i vigili del fuoco e le prime ambulanze del 118. I quattro superstiti, insieme a un bambino, sono stati portati in ospedale: due sono in gravissime condizioni, gli altri sono stati dimessi dopo qualche ora. Al Macrolotto le operazioni di spegnimento sono cominciate subito e si è immediatamente capito che dentro il capannone c’erano altre persone. I pompieri hanno scavato tra le macerie perché parte del capannone era crollato. Nella parte destra c’erano i loculi dormitorio abusivi costruiti in cartongesso, uno sopra l’altro per sfruttare l’altezza del capannone. I pompieri hanno trovato letti, coperte, abiti, effetti personali. Nella parte più bassa del capannone erano ammassati numerosi rotoli di stoffa e plastica usati per confezionare gli abiti. Tutto materiale altamente infiammabile.
LE VITTIME sono state colte dalle fiamme all’improvviso. Forse sono morti intossicati da monossido e, poi, i corpi sono stati divorati dal fuoco, al punto da renderli irriconoscibili. Alle nove è stato estratto il primo cadavere: un uomo completamente annerito con addosso una sorta di tuta-pigiama. Era scalzo, probabilmente dormiva. La portata della tragedia è cresciuta, man mano che i pompieri trovavano tra le macerie altri cadaveri. Uno aveva un braccio fuori dalla finestra: aveva tentato di scappare rompendo il vetro ma a ostacolare la fuga c’erano le sbarre. In tutto sono quattro uomini e due donne (una è stata riconosciuta dal marito grazie a una collanina). Un ultimo corpo fatto a pezzi è stato rinvenuto nel pomeriggio: «C’era solo il tronco — hanno detto i soccorritori — È difficile stabilirne il sesso». I pompieri sono rimasti al lavoro per tutta la notte sgombrando il capannone dai resti di stracci e macchine da lavoro nella speranza di non trovare altri cavaderi. Le cause del rogo potrebbero essere le più disparate: da una stufa elettrica usata per scaldarsi a un corto circuito, a una bombola gpl. Oggi la Procura aprirà un fascicolo. L’ipotesi di reato partirà dall’omicidio colposo plurimo e dall’incendio colposo, ma le risultanze investigative potrebbero portare ad altre accuse.
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