Lucca, 25 marzo 2014 - MONICA è una mamma forte, anche se avrebbe preferito non doverlo dimostrare mai, specie in questo modo. La notte tra giovedì e venerdì, invece, si è trovata d’un tratto fiondata nel peggiore degli incubi, a bordo in un’ambulanza con in braccio il suo piccolo Gianluca di appena 4 anni e mezzo, coperto di sangue e semisvenuto, come morto. Senza l’assistenza di un medico a bordo. Un viaggio che è durato un’eternità, da Castelnuovo – dove abita – fino al Campo di Marte, intorno alle 6 e mezzo di mattina, con il terribile presentimento che quelle ultime parole di Gianluca, di volersi addormentare, significassero ben altro. Tutto è iniziato, come ci racconta lei stessa, da un banale intervento alle adenoidi e tonsille, avvenuto all’ospedale lucchese il 14 marzo scorso. «Gianluca si era ripreso bene dall’operazione – dice Monica -. Era tornato a casa, dormiva e giocava con la bambina della vicina, come al solito. Mangiava meno del solito e ogni tanto diceva di avere un cattivo sapore in bocca, ma l’aspetto e l’umore mi tranquillizzavano, confidavo in un normale decorso. La mattina di venerdì, intorno alle 5, nel suo letto ha iniziato a tossire violentemente, e a rigettare sangue vivo. L’ho preso e ho corso all’ospedale di Castelnuovo per farmi accompagnare a Lucca, dove c’è un reparto specializzato e dove mio figlio era stato operato».

IN QUEL momento succede l’incredibile. «Il referto del 118 parla di un’emorragia post operatoria. Ciononostante – sottolinea Monica – non gli è stato assegnato nessun codice d’urgenza e questo impediva di azionare la sirena. Ma soprattutto a bordo dell’ambulanza il medico non c’era. Avrei voluto protestare, ma capivo che non c’era tempo da perdere. Sono salita con Gianluca in braccio e così l’ho tenuto per tutto il tempo, opponendomi alle procedure di stenderlo sul letto dove avrebbe dovuto stare legato». Le condizioni del piccolo fanno via via più critiche in un tragitto che si presto si trasforma in una terribile odissea, non solo per la mamma.

«NELL’AMBULANZA con me c’erano solo due volontari che vorrei citare per ringraziarli di cuore di quanto hanno fatto: Christian Bonaldi e Valerio Giovannetti. Mi hanno sostenuto, in modo che io potessi accudire mio figlio che quando eravamo a Gallicano, quindi ancora con tanta strada davanti, ha iniziato a vomitare sangue ovunque e in continuo. E’ stato allucinante». Un racconto tutto d’un fiato, in cui Monica si sforza di mettere ogni particolare che possa dare l’idea di quanto il lieto fine fosse tutt’altro che scontato. «Quando siamo arrivati al Campo di Marte mio figlio era svenuto, cereo, sembrava morto. Diceva che aveva sonno e io mi davo da fare per non farlo dormire temendo il peggio. Sono stati attimi terribili». Qui la pausa c’è. Rivivere quel calvario è una prova intensa anche per una mamma forte come lei.

«IL DOTTORE che lo aveva operato ha scoperto un caso rarissimo di emorragia dovuta a un punto non rimarginato nella zona delle adenoidi, impossibile da vedere se non con una manovra particolare. Il suo organismo stesso l’aveva salvato liberandosi del sangue che nei giorni aveva inghiottito». La mamma di Gianluca non ha rivendicazioni da fare. Chiede solo perché. «L’Asl mi deve delle spiegazioni: perché non c’era il medico a bordo su quell’ambulanza, oltretutto per un minore in balia di una fortissima emorragia?». E vuole che se ne parli. Semplicemente perché non possa succedere più.