di GIGI PAOLI
Firenze, 13 maggio 2014 - «Riccardo Viti ha manifestato una tendenza sessuale particolare, un che di sadico: si soddisfa sessualmente vedendo soffrire le donne». Una pulsione a cui l’artigiano darebbe sfogo con prostitute da quando ha 40 anni e che gli sarebbe ispirata dal ricordo di «fumetti sadomaso letti da giovane quando faceva il militare» dove avrebbe visto quelle pratiche. Adesso, nella sua cella singola nel blocco speciale di Sollicciano dove sono rinchiusi i detenuti che hanno messo le mani addosso a donne e bambini, Viti tiene a freno ogni pulsione, non ha un giornalino per le mani e si aggira terrorizzato all’interno della sua gabbia.
Gli uomini e le donne della polizia penitenziaria hanno l’ordine di non perderlo mai di vista, ma con lui non si corre questo pericolo: nonostante abbia la possibilità di uscite limitate durante il giorno, a oggi l’idraulico 56enne non ha messo il naso fuori dalla cella anche solo per vedere il corridoio del blocco di Sollicciano, dove né i detenuti comuni né la durissima legge non scritta del carcere lo possono raggiungere.
Nientre doccia, niente cibo fuori dalle quattro mura, niente di niente. Gli occhi azzurri — lasciano filtrare gli uomini della penitenziaria — si aggirano terrorizzati a ogni rumore, foss’anche l’apertura della cella. Pochissime parole, molti sguardi persi nel vuoto, disteso sul lettino della cella. Perché il benvenuto di Sollicciano a Viti, la settimana scorsa, fu molto esplicito: un manico di scopa in legno gettatogli addosso mentre passava da un corridoio di celle per raggiungere la sua. Un avvertimento. O una promessa. «Ho paura che mi facciano male».
Sibi stati davvero quei fumetti sadomaso a fare dell’allora soldato semplice Viti il mostro di Ugnano? Certamente no, o comunque non solo quei fumetti hanno contribuito a far deragliare una mente già borderline. Una cosa però desta inquietudine: anche in un altro celebre caso giudiziario, quello dell’assassino di Meredith Kercher a Perugia, sono spuntati fuori dei fumetti sadomaso particolarmente violenti, dei manga giapponesi.
Ne aveva un bel po’ nella sua casa di Perugia, e furono sequestrati dalle forze dell’ordine, proprio uno dei presunti assassini della studentessa britannica, ossia Raffaele Sollecito, la metà italiana della coppia con Amanda Knox. Fra le migliaia di carte di quell’inchiesta ci sono le fotocopie di alcune pagine di quei fumetti: rappresentano in modo davvero inquietante l’omicidio della povera Meredith. E Viti ha detto a Canessa di aver trovato la sua sadica ispirazione nei disegni guardati tanto tempo fa. Lì prese spunto per quello che doveva fare alle donne: farle soffrire.
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