FEDERICA ORLANDI
Cronaca

Fratelli assolti dopo 14 anni: “Noi, accusati di riciclare per la mafia cinese. Sbattuti in cella e poi falliti”

I Bolzonaro gestivano un money transfer a Bologna, poi il blitz della Finanza. La Cassazione: il fatto non sussiste. “Le nostre vite rovinate e i danni milionari”

Bologna, 3 maggio 2024 – “Cinquemila e nove giorni". Fabrizio Bolzonaro li ha contati uno per uno: sono i quasi 14 anni trascorsi dal giorno in cui la Guardia di finanza mise i sigilli alla società di money transfer della sua famiglia, la Money 2 Money di via Rivani a Bologna, e portò lui, il fratello Andrea e il padre Luciano (oggi ottantenne) in carcere, a quello in cui la Cassazione ha rigettato il ricorso della procura generale della Corte d’appello di Firenze confermando la loro assoluzione "perché il fatto non sussiste".

Da sinistra, l’avvocato Laura Becca, Fabrizio Bolzonaro e Andrea Bolzonaro
Da sinistra, l’avvocato Laura Becca, Fabrizio Bolzonaro e Andrea Bolzonaro

Un lieto fine a un lungo travaglio costato ai Bolzonaro azienda, denaro, affetti. Pesanti le accuse: riciclaggio e associazione a delinquere di stampo mafioso, poiché si ritenne riciclassero denaro per la mafia cinese. C’è voluto dal 28 giugno 2010 al 14 marzo 2024 perché i Bolzonaro avessero giustizia, anche grazie alla strenua attività difensiva del loro avvocato Laura Becca, che ha recuperato faldoni, carte ed elementi trascurati nel primo processo. Cinquemila e 9 giorni.

Un passo indietro. A farlo sono i fratelli Fabrizio e Andrea: "Abbiamo aperto la Money nel 2004. Era un settore in crescita. Dapprima lavoravamo per lo più con la Nigeria e cercavamo di essere concorrenziali per ritagliarci uno spazio nel mercato: commissioni basse e tassi di cambio convenienti". Nel 2006, la svolta: entrano due soci cinesi, vecchie conoscenze di lavoro del padre Luciano. "Grazie a loro abbiamo aperto un canale con la Bank of China, che ha filiali anche in piccoli Paesi della Cina, così il denaro arrivava quasi subito, senza tassi. Gli affari sono lievitati", proseguono. Affari che passano da un volume di 190mila euro nel 2005 a 610 milioni nel 2007. Un’impennata che accende i fari della Finanza. "Ma era tutto merito del nostro lavoro, anzi, eravamo molto precisi nel segnalare i movimenti sospetti e ad aggiornarci sulle norme. Eravamo pionieri nel settore: avevamo installato un atm per i prelievi, aperto filiali all’estero, avviato l’iter per diventare banca digitale".

Tutto crolla il 28 giugno. Fabrizio riceve una telefonata: la Finanza lo sta cercando. Lui guida i militari fino a casa, assiste alla perquisizione con la moglie incinta e il figlioletto di 3 anni. Viene portato in azienda, dove sono già fratello e genitori, sgomenti. Una giornata vissuta "tra incubo e incredulità". La sera Andrea, Fabrizio e Luciano vengono scortati alla Dozza. Nel reparto di alta sicurezza.

Ricorda Fabrizio: "Ingenuo, chiesi al poliziotto: c’è gente pericolosa qui? E lui: quello pericoloso sei tu". Fabrizio vi resta un mese, Andrea e Luciano 16 giorni. "Il mio compagno di cella era un napoletano – ricorda Fabrizio –. Appena entrai sbirciò il mio fascicolo, lesse l’imputazione. Mafia – disse –? Questa parola non te la leverai più di dosso. Era vero". Quali le basi dell’accusa? "Un’intercettazione. Parlando al telefono con mia moglie dall’estero – ancora Fabrizio – dopo un incontro con persone interessate ad acquisire la Money, scherzai: ‘vogliono pagare subito, non mi fido: non vorrei fossero soldi riciclati dalla mafia russa’. Questa frase, riportata negli atti, divenne: ‘stiamo riciclando soldi della mafia cinese’".

Segue una vicenda giudiziaria tortuosa. Da Bologna passa alla Dda di Firenze; in primo grado i tre vengono condannati per il solo riciclaggio, infine, dopo anni, l’appello si chiude con l’assoluzione piena, poi confermata in Cassazione. "Ci tenevamo – chiarisce l’avvocato Becca –, non volevamo la prescrizione. I miei assistiti sono innocenti. La sentenza d’appello ha restituito loro la giustizia che meritavano, chiarendo che la loro azienda era un’eccellenza".

E la Money? "Affidata a un curatore, è stata lasciata fallire. Ora sono stati disposti dissequestro e restituzione e stiamo riacquisendo quanto confiscato". Decine di milioni di euro. Nel frattempo, i Bolzonaro hanno dovuto cambiare vita: uno è agente immobiliare, l’altro lavora in una tabaccheria. "Gli amici? Quasi tutti spariti. La famiglia invece è rimasta unita. Adesso? Non ci abbiamo pensato. Almeno siamo liberi da questo fardello", sorridono.