Firenze, 6 aprile 2010 - L’ultimo litigio di una lunga serie. L’ultimo affronto. Il solito. «Sei lassana taruniak», una ragazza carina» in singalese; una donnicciola, un gay nella considerazione che un gruppo di 6-7 cingalesi aveva di Kumara Chaminda Atula Hetti Arachchige, un connazionale di 35 anni, badante, regolare, in Italia dal 2005. Quelli mettevano in dubbio la mascolinità di Kumara, lo deridevano affibbiandogli l’equivalente del nostro ’finocchio’.
Lui che pure aveva una moglie e un figlio nello Sri Lanka e una ex, sempre cingalese, a Firenze che però dopo queste voci si era allontanata. Spesso e volentieri (per loro, non per lui) il clan sottoponeva Kumara ad un ’rituale’ molto greve: le tastate di genitali. Sotto sotto, però, provavano lo invidiavano. O almeno così ha detto lui ai carabinieri. Nel 2008 era morto, a 83 anni, R. Z., il suo datore di lavoro, l’anziano non autosufficiente che da alcuni anni viveva insieme al badante. Il pensionato lo aveva ricompensato lasciandogli in eredità, con tanto di rogito, i propri beni, la casa innanzitutto, un appartamento in via Fra’ Bartolommeo. C’erano stima reciproca e affetto tra il pensionato e il badante. Kumara spesso rinunciava anche al suo giorno di libertà pur di stare vicino a Renato.
«Se hai un po’ di soldi e quella casa è solo per questo motivo» gli dicevano gli altri, a turno, sorridenti eppur ringhiosi, ogni volta che lo incontravano. Altro che gioia al pensiero che uno di loro si era guadagnato una prospettiva di vita migliore con il lavoro e il sacrificio.
La catena di vessazioni — episodi di ’nonnismo’, con almeno due o tre pericolosi precedenti — si è definitivamente spezzata nel pomeriggio di Pasqua, in via del Moro, tra un internet point e una rosticceria, due dei tanti negozi etnici che caratterizzano la zona. Non senza incongruenze e contraddizioni sociali. E’ qui che Kumara incontra, ancora una volta, alcuni dei suoi presunti aguzzini che avrebbero contribuito a minarne profilo ed equilibrio psicologico. Solite battute, solito ’rituale’. E’ stanco Kumara, di una stanchezza furiosa.
E’ o no è la sua vita? Sono o non sono fatti suoi? Sì. E allora basta masticare amaro. Torna a casa come un cane bastonato, però gli occhi sono iniettati di sangue, in testa ha una voglia cieca di vendicarsi. Di «farsi giustizia da sé» come il suo legale temeva da tempo. Prende un coltello affilatissimo e torna in centro. ’Loro’ sono ancora lì. Non c’è più niente da chiarire. Si avventa come una furia, ai primi due non dà maniera di difendersi. Due, poi tre, quattro fendenti. Saranno nove in tutto, una grandinata di colpi, cuore, polmoni, torace, fegato: Kamal Narassoriya Nisantha, 40 anni, e Jalyalath Mudiyanselage Sudath Rohama, di 37, non hanno scampo. «Un massacro» diranno i soccorritori e i carabinieri. Fiotti di sangue che neanche la pioggia battente riuscirà a lavare in fretta.
Il terzo cingalese riesce a schivare la tempesta di coltellate e a scappare. Kumara si guarda intorno, non c’è la possibilità di ’giustiziare’ l’altro nemico, può solo imboccando la via di fuga giusta e darsela a gambe. Gli si mette alle calcagna un testimone, un altro connazionale che però rinuncia e avverte 112 e vigili urbani. I carabinieri arrivano in pochi istanti, sentono i primi testimoni, presto salta fuori un nome. Quello giusto. Kumara è a casa, prima che alle nostre forze dell’ordine pensa a chi vorrà, ora, vendicarsi di lui. Prepara un ’numchaku’, un’arma orientale, manubri di legno uniti da una catena: può spezzare l’osso del collo.
Lo ritroveranno i carabinieri nella perquisizione insieme al pugnale della strage, rotto. Manico e fodero sono rimasti a terra in via del Moro. Nel breve volgere di due-tre ore la tragedia ha il suo responsabile. Il 35enne viene portato in caserma, davanti al maggiore Alessandro Parisi e agli altri investigatori Kumara confessa di aver colpito a morte i rivali. «Mi prendevano in giro, dicevano che ero gay. Ma lo facevano per invidia: stato il badante di un anziano che alla sua morte mi aveva lasciato i risparmi e la casa». Saltano fuori i precedenti: Kumara una volta avrebbe tentato di colpire tre connazionali a colpi di scimitarra. Anche quella volta erano intervenuti i militari che lo avevano arrestato. Aveva patteggiato per il reato di lesioni ed era tornato libero. Felice di poter assistere di nuovo il pensionato. Ma con il tarlo omicida annidato nella mente.
© Riproduzione riservata