Firenze, 11 agosto 2010 - "Vogliamo essere accoglienti, ma non vogliamo essere occupati". Sono tonanti le parole che monsignor Angiolo Livi, l’ultranovantenne priore della basilica di San Lorenzo scaglia dal pulpito alla fine della messa celebrata in onore del co-patrono di Firenze il diacono e martire San Lorenzo.

 

Davanti a lui schierati come ogni anno per la celebrazione della festa cittadina ci sono il sindaco Matteo Renzi, per l’occasione accompagnato dalla moglie Agnese, il presidente del consiglio comunale Eugenio Giani, il presidente del quartiere 1, Stefano Marmugi e l’assessore al sociale, Stefania Saccardi. Occasione preziosa, quindi, che ogni anno lo storico priore della basilica dedica alla difesa della gente del quartiere e della città.

 

Monsignor Livi aveva già dedicato la sua omelia alla difesa del valore del cristianesimo, al ricordo del sacrificio dei martiri, di quanti come San Lorenzo, appunto, preferirono la morte alla rinuncia del loro impegno di fede. Con una lunga chiosa alla necessità di "non perdersi in cose effimere, passeggere". "Oggi — ha ribadito il priore — viviamo nella società dell’immagine, del look, ma non bisogna solo pensare a fare colpo, dobbiamo lavorare per fare cose sostanziali".

 

Non è la prima volta che monsignor Livi fa accenno alla necessità di "ri-evangelizzare l’Europa" proprio sull’esempio di quei primi martiti cristiani che seppero far fruttare il seme di Cristo, ieri però il suo sguardo si è soffermato proprio su Firenze e sui rischi che la nuova società multietnica comporta per la comunità cattolica.
Evidente il riferimento alla grande presenza di stranieri e di ogni confessione religiosa fra i banchi di quel mercato che circonda da decenni la sua basilica. "Abbiamo fatto troppo poco per evangelizzare il nostro mondo, servono continuità e impegno — insiste — serve una scossa".

 

Poi l’affermazione più importante: "C’e’ il pericolo di essere occupati — ha ripetuto — c’è il pericolo che si formino delle enclave" e ancora: "C’è il pericolo della balcanizzazione di Firenze, che invece vuole rimanere Firenze, con la sua lingua, con la sua cultura, con tutta la sua storia". Nessuna esclusione nelle parole del monsignore, solo l’appello alla difesa della fede cristiana: "non solo a parole, ma con i fatti che sono il modo migliore perchè altri possano seguire e credere in Gesù Parola vivente".

 

Così Livi si è rivolto alle autorità schierate davanti a lui: "Sta a voi, che avete in mano la cosa pubblica, mantenere la grandezza e la personalità, la cultura di questa Firenze. E sono certo che lo farete". Con una ulteriore precisazione: "giocate la carta della bellezza per questa città e fate di nuovo di Firenze il salotto d’Europa, una città viva e accogliente, ma fate in modo che non sia una città allo sbando".