Firenze, 6 ottobre 2010 - Se il vento soffia diventa più difficile notare il cartello che, formato ’francobollo’ (sarà anche a norma), si nasconde facilmente dietro gli stendardi pubblicitari appesi ai lampioni. Non solo. A confondere le idee anche la segnalazione, con relativo semaforo, che avvisa se il sottopasso è invaso dalle acque. Magari ci fosse stato un segnale del genere anche ieri a Prato.
Ma l’avviso-autovelox di viale Etruria dovrebbe mettere in guardia gli automobilisti, che hanno il piede un po’ pesante, avvertendoli della presenza — entro 500 metri — del ‘sarcofago’ più spietato di Firenze. In effetti, a una prima occhiata, diventa davvero difficile individuare, anche a una velocità sotto il limite e magari si è in scooter, quindi con una visuale — in teoria — più libera. Tutto questo prima di arrivare sul nodo cruciale di tutta la questione. Basta passare un paio di ore ai lati della strada, a due passi dall’autovelox incriminato, per rendersi conto di come è possibile che in tre mesi le infrazioni rilevate siano state oltre 44mila. Sono davvero pochi quelli che si rendono conto della presenza del rilevatore e chi riesce a salvarsi lo fa perché va piano e magari rientra nella zona di tolleranza del 5%. C’è chi a bordo di una ruggente Mercedes Slk sgomma dalla strada — affianca la rotatoria sopra il sottopasso di fronte all’Humanitas, per intendersi — che collega via Canova a viale Etruria e s’immette lungo il tratto sorvegliato dal ‘grande occhio’.
Se non arriva nessuno dal sottopasso è facile passare i 60, anche perché per chi viene da lì non c’è nessun cartello che avvisa della presenza dell’autovelox, se non quello proprio sopra la postazione. C’è chi invece rallenta e guarda il tachimetro per controllare di essere sotto i 50 — una donna bionda su una station wagon — e chi affronta con gli occhi il grigio ‘sarcofago’, pensando tra sé una serie di lunghe maledizioni perché forse è già stato pizzicato sopra i limiti. O più probabilmente sa della presenza della macchinetta ‘sparamulte‘ e la punta con aria di sfida.
Tutto questo tenendo ben presente che il guardrail è purtroppo ‘adornato’ da un mazzo di fiori, segno evidente che c’è stato un incidente mortale. Non l’unico, come ha tenuto a ribadire il comandante della Polizia Municipale, Massimo Ancillotti, dato che i sinistri fatali sono stati ben tre. Inoltre, un metro dopo l’autovelox, ci sono inequivocabili due strisciate di una brusca frenata con tanto di segni di pneumatici che si ricalcano sopra al jersey di metà carreggiata. Perchè la velocità — è bene ricordarlo — è la prima causa di morte sulle strade italiane, "e il misuratore di velocità in questione — ribadisce Ancillotti — è finalizzato esclusivamente a ridurre la velocità su di un tratto di strada dove l’elevato numero di violazioni conferma la necessità di controlli decisi e diretti a garantire la sicurezza".
Il fine (la sicurezza sulla strada e la velocità limitata) perché, secondo i più, non giustifica i mezzi (l’autovelox). Una netta presa di posizione, in questo senso, arriva dall’Aduc. "A nostro avviso — si legge in una nota dell’associazione che tutela i consumatori — mal segnalato e per questo le contravvenzioni possono essere impugnate presso il giudice di pace. Non solo l’apparecchio è posizionato ad arte dietro un palo della luce, ma soprattutto il segnale di preavviso è poco visibile. La normativa prevede che le postazioni di controllo della velocità debbano essere ‘preventivamente segnalate e ben visibili’ e la segnaletica debba essere “realizzata e collocata in modo da essere facilmente avvistabile e riconoscibile". L’elevatissimo numero di contravvenzioni, dimostra che questi criteri sono stati ignorati dall’amministrazione, evidentemente interessata a far cassa più che a promuovere la sicurezza stradale".
Poi il consiglio: "Chi ha ricevuto più multe dallo stesso autovelox — chiude l’Aduc — può ricorrere al giudice di pace per chiedere il cumulo in un’unica sanzione".
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