di TITTI GIULIANI FOTI
Firenze, 7 agosto 2012 - DODICI serate e settantamila spettatori. Dodici come i mesi dell’anno, come il più sacro tra i numeri, insieme al tre e al sette: dodici della prova iniziatica. I numeri parlano, raccontano successi e mondi che si incontrano anche a prescindere dal nostro volere: il successo per l’edizione 2012 di ‘’TuttoDante’’ di Roberto Benigni non era così scontato dopo sei anni.
Nonostante fosse rodato, nonostante avesse come scenario naturale e irripetibile, Santa Croce. E soprattutto, nonostante ci fosse lui, Roberto, ex Robertaccio, Benigni. Ieri sera il Canto XXII dell’Inferno ha chiuso la serie di spettacoli iniziati il 20 luglio. Per dodici serate indimenticabili, una diversa dall’altra, tantissime persone hanno speso soldi, fatto la fila per il biglietto, prenotato e pazientato. Epoi ancora in fila, al caldo micidiale di
questa estate, si sono messi buoni per entrare e oltre le transenne, finalmente, hanno trovato il
loro posto. In silenzio più che religioso e fermi per quasi due ore, quasi trattenendo il respiro.
Perchè Benigni e solo lui sa muoversi come pochi all’interno dei significati del ridere. E nello stesso tempo sa farsi ascoltare su temi impegnativi quanto decisivi come redenzione, peccato, vita eterna. Nelle dodici
serate di piazza Santa Croce, Benigni ha saputo mostrare anche all’ultimo degli agnostici, come la bellezza di Dio, il fascino della vita eterna, la possibilità dell’incontro definitivo con il Creatore della vita, siano dentro
il cuore di ognuno. Benigni non fa più scandalo: anzi il vero scandalo è il suo talento, l’arte perfetta di spiegare, capire e raccontarci Dante e la Divina Commedia.
Dodici incontri che sono stati un successo enorme. Anche perché, forse, Benigni porta in sè un allarme: se
non viene più sostenuto chi percorre strade difficili, chi è più avanti degli altri, chi rischia,
chi inventa, nel nostro Paese, si instaurerà un silenzo assordante. L’ha capito Lucio Presta storico
manager a cui Roberto Benigni si affida da sempre, che ha avuto il coraggio di rischiare proponendo, oggi, nonostante tutto, la lettura dell’Inferno. Che con tutta probabilità si concluderà il prossimo anno. Anche
se il mercato impone anche allo spettacolo dal vivo, come sta già imponendo al cinema e alla letteratura, la dura legge della facilità. Finché qualcuno ci garantirà spettacoli così, non diventeremo, definitivamente,
consumatori dell’ovvio. Benigni in scena è un atto di accusa alla retorica del linguaggio: il talento
fa quello che vuole, il genio fa quello che può. Firenze e Benigni ripresi ogni sera: speriamo
che la nuova presidente Rai desideri alzare la qualità dei suoi programmi. Sarebbe un piccolo e sconvolgente segnale di conversione.
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