Firenze, 29 agosto 2012 - I camper scaldano i motori. Ieri, tornando dal Trentino, Renzi si è fermato a Verona dove ha fatto sapere che «la corsa alla leadership del Pd non è ancora iniziata. Comincerà il 13 settembre: cercheremo di parlare dei problemi dell’Italia e delle soluzioni. Non delle solite chiacchiere dei politici romani».E comincerà proprio da lì, da Verona, cuore del Nord Est, anima della Lega e di quel movimento che è nato dal popolo. Per lui, che vuol recuperare voti a centrodestra, senza vergognarsene, e lo dice a squarciagola alla festa del Pd di Siena, la
mossa è strategica. Evoca scenari suggestivi, Verona: Dante che, da esule, proprio a Verona scrisse un bel po’ della Divina Commedia.
Renzi che, da esule del Pd, parte da Verona alla conquista dell’Italia (per 75 giorni in tour). Dopo aver riportato Dante in Santa Croce, con Benigni. L’accusa di incompatibilità con il mestiere di sindaco lo fa andare in bestia: «E’ una polemica strumentale, i fiorentini non si accontentano, si sono ormai abituati, una minoranza, a una sorta di provincialismo. Non accettano che il proprio sindaco possa avere una leadership nazionale. Eppure credo
sia normale che il sindaco di una grande città faccia politica».
Lo dice a Siena dopo tre giorni di polemiche in cui è successo di tutto. Con il consigliere comunale del Pd Andrea Pugliese, che sul tema, in risposta ci era andato peso: «L’arroganza di Renzi, unita al proposito di rivoltare il Pd come un calzino dopo l’eventuale vittoria e il voltafaccia sul proprio futuro dinanzi all’eventuale sconfitta, la dicono
lunga. A me sembra un amaro stil vecchio».
Dall’altra parte, nel Pdl, a proposito di conquiste a centrodestra, una Renzi l’ha già fatta: Monica Castro, capogruppo Pdl del consiglio comunale di Calenzano, ha deciso di dargli una mano in campagna elettorale. E non per via di
quel famoso pranzo ad Arcore che al rottamatore i sinistri non hanno mai perdonato, ma perché
«in questo deserto politico, ho deciso di dare fiducia a un politico giovane e di aiutarlo alle primarie —ha detto Castro —. Ha idee simile alle mie, le vecchie ideologie inutili e disfattiste mi hanno annoiato». Insomma, una lezione di chiarezza, per spiegare la politica ai bambini.
We can be heroes, possiamo essere eroi. Ci crede Matteo Renzi e allarga le braccia in un gesto inneggia alla rassegna «Vedrò» di Enrico Letta con lo slogan ritoccato della canzone ‘Heroes’ di David Bowie. Renzi era arrivato in Trentino alla ricerca dell’endorsement dei veltroniani margheritini. Poi se n’è venuto con una dichiarazione pubbblica di voto di Letta che suona quasi come un mi scuso. «Sono vicesegretario del Pd e la scelta è naturale: io sono
con Bersani, col segretario, l’unico in grado di tenere insieme il partito e una coalizione larga. Il difetto di Renzi? Essere della Fiorentina, ma l’avete visto l’altro giorno con quella maglietta allo stadio?». Così Letta alla ‘Zanzara’
di Radio24. Il corteggiamento ha funzionato. Tra i due l’amore non è mai stato esplicito, ma sempre funzionale per entrambi. Letta deve ancora digerire del tutto il fatto di essere stato brevemente preso in considerazione come candidato per le eventuali primarie da giocarsi contro Enrico Rossi, primarie che non ci sono mai state. E
non proprio per un gentlemen agreement. Renzi, Rossi non l’ha mai digerito. Il governatore, senza
far nomi ma riferendosi evidentemente a Renzi, alla festa Pd delle Cascine gli ha dato pari pari del
berlusconiano. Ecchessarammai.
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