Firenze, 17 dicembre 2013 - GENTILE DIRETTORE,
contestare un comico non si può, non è concepibile, non ha senso. Persino alle corti di re, il comico aveva licenza di ridicolizzare il sovrano, quindi zittire Crozza è stato un atto indegno e illiberale, tanto più che poi s’è visto, bastava aspettare un minuto e la sua esibizione, da bravo professionista quale è, sarebbe subito rientrata nella par condicio. Infatti nessuno dei leader in campo è stato risparmiato. Ma tant’è, siamo un Paese coi nervi a fior di pelle.
G. S. Benedetti, Capannori
Risponde il vice direttore Marcello Mancini
CARO signor Benedetti, è molto difficile non interpretare ogni minuto di una trasmissione super vista come Sanremo, che va in onda nel periodo più stretto della campagna elettorale, anche solo dandole il valore di messaggio subliminale. A noi è sembrato che la prima puntata - semplicemente attraverso gli ospiti - abbia dettato l’agenda politica. Per dire: il matrimonio gay e la cittadinanza agli stranieri. Pensiamo lo abbia fatto molto più - e con meno clamore - di quanto sia riuscita a trasmettere l’esibizione di Crozza. Insomma, non c’è bisogno di gonfiare con ingredienti politici una gara di canzonette, perché a dieci giorni dal voto, in un Paese come il nostro, tutto può venire considerato un’intrusione. Molte delle polemiche cucite addosso a questo festival sono pretestuose, magari anche giustificate, ma servono a poco perché non spostano voti. Ma ogni anno è così: alla fine servono per aumentare l’audience e decretare il successo della manifestazione. A conti fatti, l’unico a rimetterci è stato il povero Crozza che, anestetizzato preventivamente, ha lasciato in camerino le battute migliori. E non ha fatto ridere.
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