di Duccio Moschella
Firenze, 28 marzo 2013 - Se n'è andato lunedì, nel giorno dell’Annunciazione che è anche il Capodanno fiorentino e lui, che più fiorentino non poteva essere, ha fatto festa in paradiso, «dove distribuirà da ora i suoi nocchini», come ha ricordato la nipote Anna nei ringraziamenti. Coincidenza o segno, comunque si voglia intendere, il funerale di don Renzo Rossi, in una basilica di San Lorenzo piena di molte generazioni di fiorentini ha fatto ieri mattina da anteprima al Triduo pasquale con un elemento di riflessione in più, quella di «un prete straordinario che aveva chiesto per l’ultimo viaggio una giornata di sole ed è stato accontentato»: ha detto ancora la nipote all’inizio della liturgia, aperta dall’adagio della sinfonia concertante dell’amato Mozart. Una funzione austera, anche troppo per il carattere spepero del prete della gioia, che forse avrebbe gradito maggiore spontaneità e meno cerimoniale. A salutarlo, comunque, sono venuti in molti, i fratelli sacerdoti in gran numero, dai più anziani ai più giovani, quasi ad abbracciare il feretro con sopra la sua stola e una bandierina brasiliana, come un grazie speciale per l’apostolato nelle favelas e nelle carceri in mezzo ai detenuti politici, rappresentati ieri da Augusto De Palma.
A presiedere la funzione l’arcivescovo Giuseppe Betori con il predecessore Silvano Piovanelli e il vescovo ausiliare Claudio Maniago. Il cardinale, per il quale don Renzo rappresentava il prototipo del prete ideale, ha voluto ricordare l’indole gioiosa del sacerdote: «Renzo l’ultimo scherzo ce l’ha fatto morendo all’inizio della settimana Santa, mettendoci di fronte a un vangelo impegnativo (il tradimento di Giuda, ndr). E questo dimostra — ha detto Betori — che la chiamata del Signore è per tutti e che tutti abbiamo qualcosa da farci perdonare, anche don Renzo, del quale per quanto mi sforzi non vedo colpe. Il suo segreto — ha aggiunto il cardinale — è stato quello di essere in intimità con Gesù, di avere un cuore fuso con quello del Signore, il che gli ha consentito di entrare in ogni miseria umana senza esserne risucchiato. Era gioioso e obbediente perché sapeva di aver consegnato la sua vita a Cristo e alla Chiesa e di non avere perciò nulla di cui preoccuparsi nella speranza della resurrezione, senza dimenticare contemplazione e preghiera, che in don Renzo non erano secondarie. Questa sua obbedienza mi mancherà e di fronte a ogni problema, mi chiederò se non sto per fare il bischero, come era solito dirmi sempre lui».
Un applauso al termine della liturgia lo ha strappato il cardinale Piovanelli a tratti commosso durante il suo ricordo dell’amico e quasi coetaneo: «Caro Renzo, quanti ora vorrebbero dirti il loro affetto. Non avevi paura della morte e non sei mai invecchiato nel cuore, tu che volevi scritto sulla tua tomba: era nervoso, ma donava gioia. Grazie Renzo, non ti dimenticare di noi e personalmente aggiungo ciao a presto».
Ad ascoltare in silenzio almeno cinquecento persone, dal sindaco Matteo Renzi con tutta la famiglia a Lapo Pistelli, dal discepolo di don Milani Michele Gesualdi a quello di La Pira Mario Primicerio. Ma don Renzo è stato anche un tifoso viola speciale, e quindi, accanto ai gonfaloni di Firenze, Montelupo, della Provincia e della Società San Giovanni Battista, non poteva mancare il labaro della Fiorentina e del suo Museo seguiti con gli occhi da Alberto Orzan, eroe del primo scudetto, mischiato tra la gente, dove c’erano alcuni rappresentanti della Comunità delle Piagge: là don Renzo è stato in un momento difficile a sostituire don Alessandro Santoro, che ha vissuto l’ultimo saluto al suo fratello maggiore per lo più in piedi accanto a una colonna. Don Renzo riposa ora nel cimitero di Rifredi insieme a don Facibeni e a La Pira: non poteva essere altrimenti.
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IL VIDEO DEI FUNERALI DA RTV38
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