Firenze, 18 maggio 2013 - Al nostro cervello basta un tempo brevissimo (circa 250 millisecondi) per ‘capire’ se nella persona che ci troviamo di fronte possiamo riporre la nostra fiducia. Si tratta di un’attività cerebrale di cui non siamo nemmeno consapevoli. Non a caso si parla di ‘fiducia a prima vista’.
Ebbene, è proprio così che s’intitola il rivoluzionario studio condotto dalla ricercatrice Tessa Marzi e da Stefania Righi e Massimo Cincotta nel laboratorio di Psicofisiologia cognitiva dell’Università di Firenze, diretto dalla professoressa Maria Pia Viggiano. Il lavoro è stato pubblicato sulla rivista internazionale ‘Social Cognitive and Affective Neuroscience’.
“La grande novità – spiega Marzi, - è rappresentata dalla scoperta che il nostro cervello è in grado di fornire una risposta molto veloce per quanto riguarda i volti giudicati inaffidabili. Si tratta di un meccanismo automatico che precede ogni nostra consapevolezza”. Per scoprirlo, le ricercatrici hanno messo un gruppo di persone di fronte a dei volti creati al computer. “Volevamo vedere cosa succede nel nostro cervello quando diamo un giudizio su un aspetto complesso qual è la fiducia”, spiega la studiosa. Grazie a degli elettrodi è stata così indagata l’attività cerebrale che si innesca quando ci troviamo di fronte a persone sconosciute.
“Le persone coinvolte nell’esperimento vedevano scorrere velocemente i volti. E dovevano dirci se questi visi apparivano loro affidabili o no”, racconta Marzi. Che aggiunge: “Alla fine, abbiamo appurato che riguardo all’inaffidabilità di alcuni volti c’era un accordo pressochè totale”. Insomma, “a livello cerebrale scatta un meccanismo che porta a quella che è comunemente definita ‘fiducia a prima vista’”. Il discorso cambia se pensiamo a quel volto sconosciuto come ad un ipotetico candidato alle elezioni politiche. “Voteresti questa persona?”, è stata infatti la seconda domanda che le ricercatrici hanno posto al gruppo di persone che si è prestato all’esperimento. “E’ emerso che in questo caso la risposta è meno emotiva. E che c’è un maggior disaccordo nel definire inaffidabile un certo volto”, dice Marzi. Ma esistono delle caratteristiche fisiche che rendono un volto più o meno affidabile? “Sì – risponde la ricercatrice -. E’ stato Alexander Todorov, professore della Princeton University, ad indagare questo aspetto. Ha scoperto che un mento più affilato viene di solito associato ad una faccia inaffidabile. Idem per quanto riguarda gli zigomi meno pronunciati”.
Ma anche la forma dell’arcata sopraccigliare e la larghezza del volto influiscono molto sulla percezione di affidabilità. “A questo punto potrebbe essere interessante indagare come questo giudizio possa cambiare nelle persone ansiose o nei malati psichiatrici”, sottolinea Marzi. Insomma, il proseguimento di questo studio potrebbe avere importanti ricadute anche nell’ambito delle disabilità psicologiche e far luce sui meccanismi cerebrali alla base delle nostre prime impressioni.
Elettra Gullè
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