Firenze, 12 agosto 2013 - DI FRONTE al male, come diceva{{WIKILINK}} Hannah Arendt{{/WIKILINK}}, «si può sempre dire un sì o un no» e {{WIKILINK}}Gino Bartali {{/WIKILINK}} la sua risposta di fronte alla persecuzione degli ebrei l’ha saputa dare subito: un netto no. Adesso, per il grande campione di ciclismo, burbero e simpatico toscanaccio (o “Ginettaccio” com’era soprannominato) si avvicina sempre di più un riconoscimento per aver aderito negli anni ’43/’44 a una rete clandestina per salvare centinaia di perseguitati, soprattutto ebrei, dalla barbarie nazifascista. Con la sua bicicletta Bartali trasportava i documenti falsi destinati a far scappare i perseguitati.
INFATTI, sta per arrivare in porto l’iter (iniziato anni fa) per il riconoscimento di Bartali (morto nel 2000) come “Giusto tra le nazioni”, assegnato da {{WIKILINK}}Yad Vashem,{{/WIKILINK}} il Museo della Shoah di Gerusalemme ai non ebrei che, mettendo a repentaglio la propria vita, hanno salvato gli ebrei. Lo ha chiesto di nuovo il sindaco di Firenze,{{WIKILINK}} Matteo Renzi{{/WIKILINK}} (ieri nel corso delle celebrazioni della Liberazione di Firenze) e lo auspica il rabbino di Firenze, Joseph Levi: «Probabilmente Bartali sarà presto riconosciuto Giusto tra le Nazioni». Così alle oltre 200 vittorie nella sua straordinaria carriera (citiamo “solo” tre Giri d’Italia e due Tour de France) sta per aggiungersene un’altra. Con tanto di ulivo piantato nel Giardino dei giusti con il suo nome. Perché, di fronte al male, “Ginettaccio” seppe cosa rispondere.
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