Firenze, 22 giugno 2023 – L’ultima immagine di Kata è quella delle 15.13 - mai diffusa dagli inquirenti -, inquadrata sulle scale dell’Astor. Poco prima, alle 15.01, era uscita con il fratello e altri bambini. Ma a differenza del gruppetto, lei non segue “i grandi“ fino al campetto da calcio.
La mamma Katherine, invece, varca lo stesso cancello alle 15.45. Cerca sua figlia Kata. Non c’è, ma, consultandosi anche con suo fratello Abel, zio della bimba, i peruviani ipotizzano che sia a giocare a pallone con gli altri.
Quando invece, alle 16.45, i bambini tornano all’Astor e comunicano che Kata non è mai stata con loro, parte l’allarme. Tutto quello che la donna fa per ritrovare sua figlia, è inevitabilmente anch’esso sotto la lente d’ingrandimento degli inquirenti.
In 32 minuti, tra le 15.13 e le 15.45, chi ha preso Kata sarebbe entrato in azione. A meno che non fosse ancora nel perimetro dell’albergo occupato quando la madre della bambina rincasa. Alla stazione dei carabinieri di Santa Maria Novella, Katherine inizia a verbalizzare la sua denuncia alle successive 20.30, quasi quattro ore dopo l’inizio delle sue ricerche.
A quell’ora, con gli amici della comunità peruviana, la donna ha già stampato alcuni volantini. Una stranezza è che i manifesti fotocopia da un tabaccaio indicano via Monteverdi quale strada della scomparsa, la strada dove lo sviluppo delle indagini porterà a ipotizzare quale via di fuga del rapitore o dei rapitori.
Forse sono solo coincidenze, ma a questo punto delle indagini, con tante piste aperte ma nessuno ancora distinta come quella giusta. Accanto ai carabinieri di Firenze, sono arrivati gli investigatori dei Ros di Roma.
Trovare il punto d’uscita di Kata è fondamentale, prima ancora del movente: per questo, nel summit di ieri, è stata decisa una strategia massiccia, forse senza precedenti: le 1400 telecamere di Firenze sicura.
I veleni dell’Astor resta l’ambito in cui gli investigatori si stanno muovendo. E in merito all’episodio del 28 maggio, quando l’occupante ecuadoregno dell’Astor volò dalla finestra della sua stanza, il peruviano Carlos, il responsabile peruviano dell’occupazione additato come partecipante a quell’aggressione, risponde alle accuse del sudamericano.
"Lui, la sua donna e un’altra coppia di amici hanno fatto confusione per tutta la notte di sabato, ci vennero anche a bussare con un coltello. La polizia intervenne due volte. Alla domenica sera, noi peruviani ci riunimmo con i rumeni perché eravamo stanchi del loro comportamento. Siamo andati alla loro stanza. Lui ha pensato che volessimo aggredirlo e si è buttato. Ma noi non siamo neanche entrati".