MICHELE BRANCALE
Cronaca

La certezza di Sabrina: volere vivere

Il commento

Sabrina Magnolfi

Firenze, 5 marzo 2017 - Un'artista impegnata e appassionata, una donna felice di vivere, di avere amici. Una pittrice investita dalla tragedia consumatasi nella notte di sabato a Firenze, quando è scomparsa in un delitto che lascia sgomenti, con più domande che risposte. Ma ci sono certezze e sono quelle legate proprio a lei, a Sabrina Magnolfi.

Anni fa aveva creato un'installazione in cui con cartone scuro stuccato e dipinto componeva un labirinto con una piccola lampada accesa, dalla luce inaspettata sul fondo. Aveva interpretato così la tragedia dell'Olocausto, a partire dall'incontro con Ceija Stojka, una donna rom sopravvissuta da bambina ai lager nazisti di Auschwitz e Ravensbruck. Sabrina l'aveva conosciuta in occasione di un convegno internazionale a Napoli ed era rimasta colpita dalla sua storia, tanto da volerla subito tradurre in un'opera d'arte. Sabrina era un'artista che traeva gli spunti delle sue opere dalle conoscenze dirette, dai rapporti personali che coltivava con cura e passione, dalle tante amicizie che la circondavano. Il laboratorio che frequentava si chiama proprio 'Laboratorio d'arte degli Amici' della Comunità di Sant'Egidio e Sabrina ne era una degli artisti più fedeli. La sua vita era immersa in una rete di relazioni bella, profonda, con amicizie che abbracciavano anche i suoi familiari. Sant'Egidio, l'Unitalsi, la cooperativa Barberi, gli amici della parrocchia e della casa del popolo, le persone della sua zona, i colleghi del suo lavoro al Quartiere 5: tutti sapevano di questa sua capacità di dipingere, tanto da avere esposto i suoi quadri alle mostre allestite dalla scuola di pittura di Sant'Egidio – l'ultima delle quali a Palazzo Davanzati. Sue opere sono pubblicate anche nei cataloghi realizzati in occasione delle mostre. I quadri dicono davvero molto di lei, delle sue passioni, del suo gusto per la relazione. Chi ha conosciuto Sabrina la ricorda così.