Firenze, 6 marzo 2017 - IL PRIMO punto di sutura per chiudere una ferita impossibile da rimarginare sarà messo fra pochi giorni nella chiesa di San Martino. È qui, a una manciata di metri dalla casa di piazza Primo Maggio, nel cuore di Brozzi, dove all’alba di sabato Guerrando Magnolfi ha cancellato per sempre a colpi di doppietta la sua vita e quella della moglie Gina Paoli e della figlia Sabrina, che sarà celebrato il funerale della famiglia.
Il rito si terrà non prima di mercoledì, quando le salme del pensionato 84enne, della moglie di 82 e della figlia di 44 anni saranno rimesse dalla magistratura a disposizione dei parenti. A loro è arrivato l’abbraccio di Palazzo Vecchio che, tramite l’assessore al Sociale Sara Funaro, si è offerto di contribuire al rito e garantire la presenza delle istituzioni. Un gesto di vicinanza soprattutto a Sabrina, la figlia disabile, dipendente del Comune e cardine di una tragedia della disperazione che ha visto suo padre anziano e prigioniero della paura di non poterla assistere nel futuro, affogare nel sangue tre esistenze.
LA STESSA motivazione scarabocchiata con una calligrafia tremolante in un biglietto lasciato in camera da letto: «Sabrina non può restare sola». Da tempo infatti quell’incubo aveva iniziato a martellare nel profondo. Una goccia che, giorno dopo giorno, ha scavato l’anima di Guerrando, torturandola. Restano da capire alcuni dettagli: se si sia trattato di un’iniziativa presa in solitudine dall’uomo oppure se il piano sia stato concordato con la moglie Gina.
Di sicuro era all’oscuro di tutto Sabrina, impegnata a programmare un viaggio agli scavi archeologici di Pompei verso i quali sarebbe partita a breve. La donna, tetraplegica dalla nascita era riuscita, grazie all’aiuto dei genitori a tenere in sella la sua vita a cavallo fra pittura e serenità. Poi l’amore per i viaggi come le numerose visite al santuario di Lourdes. «SABRINA – raccontano dalla comunità di S. Egidio, frequentata dalla 43enne – era un’artista felice e una donna che aveva cura di sé e degli altri. La sua vita era immersa in una rete di relazioni, con amicizie fedeli che abbracciavano anche i suoi familiari». Incluso il Comune dove la donna era stata assunta in fascia protetta anni fa. I servizi sociali da poco avevano incontrato la famiglia Magnolfi, per pianificare un ‘programma’ per il futuro di Sabrina nel momento in cui i genitori non sarebbero più stati in grado di accudirla. A restare oggi è solo il dolore di quel rione, Brozzi, che Guerrando e Gina avevano visto fiorire mattone dopo mattone davanti ai loro occhi in oltre 40 anni di matrimonio. E che adesso, sta rivoltando la propria coscienza per capire se poteva essere fatto qualcosa per evitare quel gesto horror.