Firenze, 1 agosto 2017 - L’ACCUSA è pesantissima e le indagini hanno «scollinato»: ancora qualche mese, e la nuova inchiesta sui delitti del mostro approderà davanti a un giudice. L’ex legionario Giampiero Vigilanti, 86 anni, e il suo dottore, Francesco Caccamo, 87, dopo perquisizioni sostanzialmente negative, nei mesi scorsi sono stati comunque iscritti sul registro degli indagati per il concorso negli otto duplici omicidi, una lunga e terribile scia di sangue che ha terrorizzato Firenze dal 1968 al 1985. Ma qual è l’elemento che ha fatto scattare l’aggravamento della posizione dei due? Quale riscontro ha consentito al pm Paolo Canessa e al suo collega Luca Turco (oggi unico titolare dell’inchiesta mostro perché il “mandato” di Canessa è scaduto) di passare al «sodo» dopo mesi e mesi di interrogatori e minuziose, laddove possibile, verifiche? Questo elemento resta, per ora, top secret. Ma, secondo una fonte investigativa, la figura di Vigilanti, in virtù delle sue dichiarazioni che talvolta non vanno oltre le «allusioni», resta interessante. «Gli occhi in quell’ambiente ce li ha messi», assicurano. Le coincidenze non sono prove, ma tra lui e i delitti del mostro delle coppiette, ce ne sono davvero un’infinità. Vigilanti possedeva una calibro 22 (non Beretta), quella che, assieme ad altre armi, gli sarebbe stata a suo dire rubata pochi mesi prima la perquisizione che i carabinieri del Ros gli fanno nel dicembre del 2013.
CE L’AVEVA anche nel 1984, all’epoca dell’omicidio di Pia Rontini e Claudio Stefanacci: per questo, successivamente al delitto di Vicchio finisce per la prima volta attenzionato dalle indagini, allora ostinatamente orientate verso il serial killer solitario, maniaco e deviato. Ma Vigilanti è pure sempre «intorno» ai delitti. Nel 1981, quando vengono uccisi alle Bartoline Susanna Cambi e Stefano Baldi, abita proprio lì, a poca distanza. E vengono in mente quelle testimonianze che parlavano di una macchina rossa vista aggirarsi quella notte. Sicuramente non era Giancarlo Lotti (che aveva avuto una Fiat 131 “rossiccia”), compagno di merende di Pietro Pacciani, visto che, per le sentenze passate in giudicato, lui a Calenzano non c’era. Vigilanti, invece, aveva una Lancia Fulvia rossa. Strano. Singolare anche la sua posizione in merito al delitto di Vicchio, paese di cui sono originari sia lui, che Pacciani. Vigilanti racconta molti retroscena di questo duplice omicidio, a cominciare dalla presunta «scelta» della vittima, che sarebbe stata punita per un suo rifiuto alle avanches di un medico vicino al gruppo. Medico a sua volta amico di Francesco Caccamo, l’eminenza grigia che l’ex legionario tira in ballo con le sue dichiarazioni. Massone, di destra, Caccamo ha reso delle dichiarazioni quando, ormai diversi mesi fa, è stato anche lui perquisito. Ma pure sulle sue affermazioni cala, al momento, il silenzio degli inquirenti.