Firenze, 26 giugno 2013 - Un'emozione in Santa Croce. Un brivido al sol vederlo. E l'idea di una salvezza assoluta per l'opera più amata, più bella, ma sfortunata. Il 4 novembre 2013, proprio per l'anniversario dell'alluvione che inondò Firenze (danneggiando drammaticamente il capolavoro), il {{WIKILINK}}Cristo di Cimabue {{/WIKILINK}}sarà finalmente al sicuro nella Sacrestia di Santa Croce.
Il trasferimento, al quale sta lavorando l'Opera di Santa Croce in collaborazione con le soprintendenze ai beni artistici e storici e ai beni architettonici, costerà circa 500 mila euro: lo annuncia il Comitato 'Firenze 2016', presentando le attività in programma programma nei prossimi tre anni in preparazione del 50esimo anniversario dell'alluvione del '66.
Al Comitato, presieduto da Mario Primicerio, hanno aderito ad oggi oltre trenta Enti e sono previste altre adesioni a livello nazionale e internazionale. Il progetto ha come obiettivo il ricordo della ''grande alluvione'', ma soprattutto informare sulla realizzazione e il completamento delle opere e degli interventi necessari per mettere, cinquant'anni dopo, Firenze al riparo dai ricorrenti e devastanti ''capricci'' del fiume. Stamani gli addetti ai lavori hanno presentato lo stato di avanzamento delle varie attività e progetti per la riduzione del rischio per la popolazione e la città da parte degli Enti competenti, Regione Toscana e Autorità di Bacino dell'Arno, ma anche le attività già realizzate e quelle programmate per la messa in sicurezza dei beni culturali, i piani già operativi di messa in sicurezza delle Soprintendenze, della Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze, dell'Archivio di Stato, i progetti avviati per quanto riguarda le biblioteche e il Museo di Storia naturale dell'Università degli Studi di Firenze.
Bellissimo il museo, ma la cosa più bella è certamente l'ultima sala della {{WIKILINK}}Basilica di Santa Croce{{/WIKILINK}}, in cui è stato collocato l'immenso {{WIKILINK}}{{WIKILINK}}Crocifisso di Cimabue{{/WIKILINK}}{{/WIKILINK}}. , che verrà messo al sicuro e trasferito, onde evitare le furie dell'Arno. Il ‘Cristo’ di Cimabue conservato nella basilica di Santa Croce, è diventato icona mondiale di quella tragedia che fu l'alluvione del '66. «Il restauro pittorico di quell’opera straziata è diventato un testo base per un’intera generazione di studiosi», le parole di {{WIKILINK}}Cristina Acidini{{/WIKILINK}}, all'epoca dell'intervento soprintedente dell’Opificio delle pietre dure ed ex allieva di Baldini, che lo restaurò.
I risultati di questi interventi furono al centro della grande mostra del 1972 {{WIKILINK}}‘Firenze restaura’{{/WIKILINK}}, che consacrò alla ribalta mondiale le tecniche e le metodologie della cosiddetta ‘scuola fiorentina’. Dieci anni più tardi la città si confermò all’avanguardia nel mondo: i risultati raggiunti nel campo del restauro dettero vita all’esposizione ‘Metodo e scienza’, e Palazzo Vecchio diventò palcoscenico per immensi tesori tornati all’antico splendore, come la ‘Primavera’ di Botticelli.
Nel 1983 il professor {{WIKILINK}}Umberto Baldini{{/WIKILINK}} venne chiamato a dirigere l’Istituto centrale per il restauro di Roma e, in questa veste, curò l’imponente recupero della Cappella Brancacci, nella basilica del Carmine a Firenze, riscoprendo l’uso del colore in Masaccio. In pensione dal 1987, Baldini non ha mai smesso di occuparsi di arte e di restauro, ricoprendo numerosi incarichi e continuando a scrivere saggi e pubblicazioni, capisaldi per le nuove generazioni di studiosi del restauro.Il suo intervento sul{{WIKILINK}} Crocifisso di Cimabue{{/WIKILINK}} devastato dalle acque dell’Arno resterà un ricordo imperituro della sua opera.
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