Firenze, 25 settembre 2013 - GINO BARTALI è un eroe dell’umanità. Dopo la medaglia d’oro al merito civile concessagli dal Presidente Carlo Azeglio Ciampi per l’aiuto dato agli ebrei durante le persecuzioni nazi fasciste ora arriva il riconoscimento dello Stato d’Israele come “Giusto tra le Nazioni” .
Bartali per incarico del cardinale Elia Dalla Costa faceva la staffetta tra Firenze e Assisi per portare dei documenti falsi utili agli ebrei per sfuggire alle retate nazifasciste. L’ho scritto nella biografia del cardinale Dalla Costa che il cardinale Betori ha voluto che scrivessi nel 2012. Con questa azione ripetuta per ben più di 40 volte Bartali ha fatto un Giro, nel centro Italia, ispirato ai valori della solidarietà, della giustizia e della libertà. Molti ricordano di Lui il carattere burbero e il suo dire “L’è tutto sbagliato e tutto da rifare....” Questa sintesi dell’Intramontabile è alquanto riduttiva. Ho conosciuto bene Gino Bartali: Egli aveva il fisico e la psicologia del grande leader. Ricordo quando il sindaco di Firenze Lando Conti gli conferì il Fiorino d’Oro nella Sala di Clemente VII. Bartali arrivò con una quindicina di suoi gregari (i ciclisti che avevano corso con lui i Giri d’Italia e di Francia).
Dopo aver ricevuto il Fiorino d’Oro Bartali firmò il registro d’onore di Palazzo Vecchio dove c’erano le firme, tra le altre, della regina Vittoria d’Inghilterra e di Hitler. Dopo il grandissimo Gino invitò i suoi gregari a firmare il registro. Nessuno si mosse.
Tutti rimasero fermi ed impalati quasi sull’attenti come possono fare solo dei soldati davanti ad un generale. Bartali si rivolse a Enzo Sacchi, un ciclista che era stato campione olimpico e due volte campione del Mondo della velocità dilettanti su pista, e gli disse: “Dovete firmare è un ‘ordine!” Tutti firmarono.
QUESTO era il vero essere del Campione di Ponte a Ema: senza questo carattere altrimenti non avrebbe vinto tre giri d’Italia e due Tour de France. Su questo uomo fioccano aneddoti d’ogni genere come succede quando si vuole rendere omaggio ad un campione. Spesso si dimentica che Lui è stato soprattutto un Uomo forte e coraggioso. Aveva un rispetto straordinario per i suoi avversari. Ricordo quando a Ponte a Ema fu festeggiato per i suoi 75 anni. Volle sul palco assieme a lui e alla moglie l’elvetico Kubler, già campione del mondo dei professionisti su strada. Era l’unico titolo che mancava al suo palmarès.
Anche in questo atteggiamento del riconoscimento dell’altrui valore c’era la grandezza del campione che da piccolissimo vidi passare come un fulmine quando vinse il suo ultimo Giro di Toscana nel 1953. Ricordo la fugace immagine di Bartali solo al comando e i sandali di un signore vicino a me che indossava un paio di calze rosse ben visibili sotto le scarpe traforate. Ricordi di un’infanzia lontana, ma che hanno accresciuto nella mia memoria il mito di Bartali che Pio XII definì in una memorabile udienza in Vaticano “Campione della Fede e dello sport” .
QUEST’UOMO che aveva rischiato la vita per salvare centinaia di ebrei, questo campione che vantava 126 vittorie ciclistiche quando morì nel 2000, a 85 anni, volle essere vestito nella bara con l’abito dei terziari carmelitani. Coerente fino in fondo alla sua fede e alla sua fama di campione che oltre alla sua forza fisica pensava che le vittorie fossero frutto anche della sua fede in Cristo e nella Madonna. Vale la pena di ricordare che quando Bartali vinse il Tour de France del 1938 non volle dedicare la vittoria, come volevano i fascisti, al Duce, bensì alla Madre di Cristo.
Giovanni Pallanti
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