ELENA MARMUGI
Firenze

Fare forca a scuola: i dieci luoghi cult di Firenze per più di una generazione

Dal Dragone a Bobolino: ecco dove si ritrovano - da decenni - gli studenti quando decidono di saltare le lezioni

Studenti

Firenze, 15 ottobre 2015 - Nessuna ritorsione, è un appello a tutti quelli che ancora fanno forca. Non con questo articolo, scritto tra l'altro con un pizzico di invidia nei vostri confronti, verrete scoperti (sgamati, meglio) dai genitori, è assicurato. Quindi non arrabbiatevi. Se questi oggi sono i luoghi all'uopo designati è perché lo sono da decenni per cui non temete blitz in una tranquilla mattinata forcaiola al Dragone o a Bobolino. Forca l'hanno fatta anche babbo e mamma e probabilmente proprio negli stessi posti dove ora la fanno i liceali.

Dragone e Bobolino dunque, i primi della lista dei dieci luoghi dove, vent'anni fa come oggi, si andava a marinare la scuola. Entrambi giardini incantevoli e, soprattutto, lontani dalla strada e dal passaggio di auto. Essere scoperti qui era quasi impossibile. Anche se qualche volta uno zio o una cugina, magari per portare a spasso il cane, potevano materializzarsi improvvisamente. Un misto di timore e ansia prevaleva su tutto e il cuore tornava a battere a ritmo umano solo quando i volti del parente di turno erano talmente convincenti da persuaderci: si erano bevuti, per finta, ora lo possiamo dire, la nostra improbabile scusa sul perché non fossimo a scuola.

I suddetti parenti acquistavano poi cento punti, nell'indice di gradimento familiare, e altri cento ancora per la complicità, in occasioni di ritrovo tipo Natale, perché si trattenevano dal fare domande inadeguate come: "Ma che ci facevi un mesetto fa a Boboli?". Un silenzio da applausi.

Il Forte Belvedere, per i radical chic e quelli un po' intellettuali, e in centro a fare le vasche, per i pottini e quelli più discotecari, erano le classiche opzioni per la forca di gruppo. Per pochi eletti, per motivi differenti, erano invece più consone le opzioni "Piansa", storica pasticceria e punto di ritrovo dei michelangiolini, e la sala giochi in San Marco. In tanti gravitavano nella piazza, mattinate intere a chiacchiera sulle panchine, ma solo pochi coraggiosi si avventuravano dentro alla sala giochi. C'era un odore di chiuso misto a sudore che dava al cervello lì dentro e, a ripensarci oggi, i videogame a disposizione non erano poi granché. Però, soprattutto ai maschi, piaceva da impazzire. Era un luogo di diverimento assoluto.

Intramontabile la forca al mare, a Viareggio. D'estate soprattutto. Poi, al ritorno: "Ma, hai preso il sole?", "Si mamma s'è giocato in giardino", "Ma non avevi il compito?". Silenzio e a seguire ceffone o, in alternativa, raffica di balle spaziali.

In ogni classe il compagno che "Tanto io forca non la faccio perché se glielo chiedo i miei mi fanno stare a casa" c'era sempre. "Però - tentavamo di consolarci - è da sfigati".

Il boschetto di Villa Strozzi, la Pescaia in Lungarno Santa Rosa, il Piazzale Michelangelo, in piazza D'Azeglio a giocare a pallone, erano altri posti molto di moda, soprattutto negli anni '80-'90, e lì davvero si materializzava la quint'essenza della nullafacenza, un po' come in piazza San Marco. Mattinate a non fare nulla, a perdersi dietro gli intrecci amorosi, sguardi, a fumare sigarette, anche qui convinti che i genitori non sapessero, ad ascoltare musica con lo walkman...

Fare forca alla fine era un modo di voler trasformare un disagio e una ribellione in condivisione e amicizia. No, è sbagliato, non si fa, d'accordo. Non può passare un messaggio pro-forca e non passerà. Però per chi l'ha fatta, non abusandone, non può che essere stato un bel tempo e ora un bel ricordo.