Geraldina Fiechter
Cronaca

"Forse abbiamo dimenticato la pinza". Pazienti richiamate dopo il cesareo

Careggi, radiografia d’urgenza fa passare la paura. Ma la rabbia no

Una sala operatoria

Una sala operatoria

Firenze, 19 settembre 2015 -  MATERNITÀ di Careggi, 30 agosto. Laura ha appena dato alla luce una bambina con il taglio cesareo. Felice, certo, ma con tanti dolori. Fino all’ultimo aveva sperato in un parto naturale, ma niente da fare, non ce l’ha fatta. Entra un’infermiera: «Signora, dobbiamo farle una radiografia. Non ci tornano i conti dei ferri della sala operatoria e dobbiamo essere sicuri che non ne sia rimasto uno nella sua pancia». Ma sta scherzando?, reagisce la neo mamma. «No, purtroppo no. Dobbiamo farla anche all’altra signora che ha avuto il taglio cesareo accanto a lei. E’ per la vostra sicurezza». Diciamolo subito: è andata bene. Come dice il referto che è stato poi consegnato a Laura, la radiografia «non ha rilevato corpi estranei» nel suo addome. Ma per lei, già debilitata da un’operazione che non si aspettava, è stato uno choc. E ci ha scritto una dolcissima lettera in cui racconta quello che la sanità è spesso costretta a mettere in un angolo: lo stato d’animo del paziente. «Ho cominciato a piangere – racconta – e ho immaginato che dovessero riaprirmi e che avrei perso il latte per la mia bambina. Lo so che è un’esagerazione, ma stavo male, mi sembrava già difficile prendermi cura di lei con i dolori che avevo, figuriamoci se dovevo rioperarmi. Mi sentivo così sola».

DAL PUNTO di vista dell’ospedale, questa è la prova che le procedure di sicurezza funzionano. Sarebbe ben più grave, ovviamente, se i ferri non venissero ricontati al termine di ogni operazione e se fosse quindi il paziente, magari dopo lancinanti dolori, ad accorgersene. Ma il conteggio non può essere fatto prima di ricucire una pancia? «Dopo il caso di questa signora – spiega il dottor Carlo Dani, direttore del dipartimento infantile di Careggi – Abbiamo infatti aperto una procedura interna per capire cosa è successo e dove dobbiamo migliorare. Quando avremo i risultati vi faremo sapere. Ma capiamo che tutto questo comporta un carico di sofferenza nel paziente che avremmo voluto certamente evitare». Da una prima indagine si è capito che l’errore è stato fatto a monte, prima dell’operazione. Perchè quando poi si è passati alla ricognizione, c’era un dubbio non tanto sul numero ma sul tipo di ferro. In parole povere: c’era o non c’era – prima di tagliare - quella particolare pinza? L’avevamo messa nel cassetto degli attrezzi o non c’era mai stata? Ecco, nel dubbio, meglio escludere l’ipotesi peggiore: che sia rimasta nella pancia delle due neo mamme.