«Grazie Firenze!». Matteo Renzi lo dice subito, all’inizio di questa lunga intervista nello studio del direttore de La Nazione, Francesco Carrassi. Renzi, già presidente della Provincia, sindaco e premier, torna nella sua città da candidato al collegio uninominale Toscana 1 per il Senato. E la sua campagna elettorale suona come un ritorno alle origini, nei luoghi e fra le persone di cui – ha detto lui stesso – «si è sempre fidato» e a cui «si è sempre affidato».
Firenze, 8 febbraio 2018 - Per la sua prima elezione in Parlamento ha scelto il collegio di Firenze: si sente ancora un po’ il sindaco di questa città?
«No, il sindaco si chiama Dario Nardella. E c’è solo un sindaco per volta. Lui è bravo e ha tutto il mio sostegno. Ma candidarsi a Firenze per me ha un valore doppio. Io devo tutto a questa città. E quando fanno polemiche per il mio carattere da toscanaccio o tirano in ballo il Giglio pensano di offendermi, ma in realtà mi fanno un grande regalo. Io sono orgoglioso di essere nato e cresciuto qui. E nulla nella vita politica mi ha emozionato più di lavorare nella sala di Clemente VII: neanche Palazzo Chigi mi ha dato la stessa vertigine di Palazzo Vecchio».
Allora vinse un po’ a sorpresa le primarie, stavolta teme sorprese negative?
«I fiorentini non mi hanno mai fatto mancare l’affetto e il voto: qui abbiamo vinto anche alle primarie contro Bersani, qui abbiamo vinto anche al referendum costituzionale. Mi affido a Firenze. E mi fido dei fiorentini».
Ad attaccarvi adesso ci si sono messi anche gli hacker....
«Ci attaccano in tanti, in tutti i modi. Con le prove false, con le fake news, in ogni modo. Forse perché facciamo paura, forse perché capiscono che siamo quelli che stanno provando davvero a cambiare le cose. Ma noi andiamo avanti, a testa alta. Come dice Farinata nella Divina Commedia quando difende Firenze da chi la vuole distruggere: ‘a viso aperto’».
Dopo Avanti, Oltre la rottamazione, Fuori!, Stil novo, quale potrebbe essere il titolo di questa campagna elettorale se dovesse scrivere un diario di questi giorni?
«Grazie. Perché grazie in politica non lo dice mai nessuno. Anche i tanti compagni di strada che si vedono attribuire delle responsabilità raramente sanno dire grazie. Io penso che saper dire grazie sia invece un elemento centrale per il politico. E’ il mio grazie più grande lo devo a questo territorio e alla sua gente».
Da sindaco si spese molto per la nuova pista di Peretola: siamo davvero alla vigilia del via ai lavori?
«Sì, stavolta è la volta buona. Del resto un aeroporto degno di questo nome è cruciale nel ventunesimo secolo. La soluzione individuata va benissimo. E io ho molta fiducia negli amministratori del territorio e nel gruppo dirigente della società di gestione dello scalo fiorentino. La pista parallela cambierà l’economia del territorio, aumentando il PIL di almeno un punto percentuale. Il che significa lavoro, lavoro, lavoro».
Capitolo tramvia: dopo qualche piccolo intoppo, anche la linea 2 è in dirittura di arrivo...
«Il sistema delle tramvie cambierà il volto di Firenze rendendola – insieme alle colonnine elettriche e al rinnovo del parco autobus – una delle più sostenibili per ciò che riguarda la mobilità. Può darsi che si arrivi con qualche settimana di ritardo e questo ovviamente non fa piacere specie a chi, da Statuto a Novoli, ha patito gli anni dei disagi. Ma è anche vero che il sistema completo del tram costituirà una svolta epocale per la mobilità a Firenze. Qualche settimana fa Delrio ha annunciato i nuovi finanziamenti anche per la linea 4 e nei prossimi giorni sarà a Firenze per parlare di questo, della viabilità a Lastra a Signa, del casello di Scandicci e di tutto ciò che riguarda le infrastrutture in questo territorio».
Buche, cantieri, traffico: i fiorentini si lamentano sempre...
«Quando facevo il sindaco non c’era giorno in cui un cittadino non mi mostrasse una buca su cui intervenire. Da quando sono tornato a casa, ho ripreso il ritmo. L’altro giorno mentre accompagnavo mio figlio a giocare a Porta Romana ne ho visto una alla rotonda della piazza che mi sembrava “nuova”, e mi sono detto “questa è di Nardella”. Invece ieri sono leggermente inciampato in una camminando in via Guicciardini: quella c’era da tempo. Posso dire che è mia. Però parliamoci chiaro: se vedo come è amministrata Firenze e come sono amministrate altre città dico ai fiorentini che non ci possiamo lamentare. Dobbiamo fare di più ma la nostra città è una meraviglia che possiamo tenere meglio ma che comunque è decisamente più vivibile di molte altre realtà italiane».
I fatti di Macerata hanno toccato la coscienza del Paese, a Firenze una cosa simile succese anni fa con due morti: pensa sia follia isolata o la questione immigrazione rischia di innescare un conflitto sociale incontrollabile?
«I fatti di Macerata sono incredibili. Se c’è un partito che avrebbe il diritto di alimentare la polemica quello è il Pd: un esponente della Lega ha sparato a sei persone e poi ha voluto colpire anche simbolicamente la nostra sede. C’è ancora il proiettile a testimoniare l’aggressione che ha subito anche la nostra comunità. Ma quando si hanno responsabilità importanti il primo dovere è mantenere la calma e abbassare i toni. Ho dato un abbraccio doppio al sindaco di Macerata, Romano Carancini, perché dopo i fatti terribili di piazza Dalmazia e la morte di Mor e Modou so bene che cosa sta provando. Abbassare i toni non significa nasconderci la realtà: quello è un terribile atto razzista perpetrato da un giovane uomo che teneva il libro di Hitler sul comodino. Per garantire la sicurezza abbiamo bisogno di più carabinieri e più poliziotti, di più videocamere e di più mezzi, di più presenza sul territorio sociale e civile. Non abbiamo bisogno di pistoleri che seminano il terrore sparando all’impazzata».
Pensa che il Pd abbia gestito bene la vicenda dei flussi migratori?
«L’immigrazione è un problema in tutto il mondo, non in Italia. In Germania, per fare un esempio, sono entrati nel solo 2015 più immigrati irregolari di quanti sono sbarcati in Italia nei cinque anni dell’intera legislatura. La strategia di Minniti, che sarà a Firenze lunedì, è giusta: bloccare le partenze, porre il tema in sede europea (se le altre nazioni non accolgono migranti, noi siamo per bloccare loro i fondi europei), investire in cultura per cui chi viene qui rispetta le nostre regole. Purtroppo tutto nasce da un errore del 2003 quando fu firmato dal governo di destra il trattato di Dublino che ha caricato tutti i problemi sulle spalle dell’Italia. Ma impegnandosi tutti assieme sulla linea tracciata dal Governo possiamo superare anche questa emergenza. Già oggi gli sbarchi sono diminuiti».
Non teme che sul tema Salvini possa costruire un successo elettorale?
«Qui, a Firenze, c’è il candidato di Salvini. È un professore che vorrebbe far uscire l’Italia dall’Europa e dall’euro. Una follia di cui pagherebbero il conto gli artigiani dell’Oltrarno, i pellettieri di Scandicci, gli operai delle aziende globali. Quanto a Salvini gli suggerirei di abbassare i toni: quando ha governato la Lega, hanno tagliato i fondi alla polizia e bloccato le carriere ai poliziotti. Sostiene di poter fare pulizia nel Paese, ma non riesce neanche a far pulizia nelle sue liste elettorali. Non alimento le polemiche ma chiedo ai moderati di destra fiorentini: ma davvero volete dare il Paese in mano agli estremisti? E chiedo a chi vorrebbe votare il partito di D’Alema: non ci rendiamo conto che ogni voto dato al partito di D’Alema finisce con il portare la Lega più vicino al Governo? Come diceva quello: meditiamo, gente, meditiamo».
Lei a suo tempo ha bocciato la moschea alla Gonzaga: adesso il centro di culto islamico lo faranno a Sesto: un’occasione persa o un vantaggio per Firenze?
«La Gonzaga non era la soluzione ideale, tutto qui. Nessuna polemica ideologica. Ma la ex caserma Lupi di Toscana deve avere una specifica destinazione, come da accordi con il Governo. Conosco bene il dossier perché era un mio vecchio pallino quando ero sindaco e infatti l’abbiamo trasferita al Comune di Firenze appena sono diventato premier».
Silvio Berlusconi ha aperto al condono edilizio...
«Noi a Firenze abbiamo fatto il piano strutturale a volumi zero, altro che condono edilizio. Questo Paese ha bisogno di rispettare le regole. Viva la stagione dei diritti, certo, ma bisogna anche difendere la stagione dei doveri. E delle regole. Berlusconi dice sempre le stesse cose: a tre settimane dal voto propone sempre un condono edilizio. Ormai è talmente ripetitivo da sembrare monotono. Ma noi dobbiamo rispettare le regole, altro che condoni. Una nuova stagione dei doveri, non solo dei diritti. E se questo non porta voti, pace: ciò che è giusto, è giusto».
Siete soddisfatti di quanto fatto al Governo fino ad oggi?
«La verità è che noi abbiamo fatto un grandissimo lavoro, caro Direttore. E paradossalmente abbiamo comunicato meno di quanto realmente abbiamo fatto: abbiamo pensato a governare bene più che a comunicare bene. Abbiamo però ancora moltissimo da fare e lo faremo. Perché io ho molta fiducia nell’Italia e negli italiani. E soprattutto ho fiducia nella mia Firenze».