Firenze, 2 luglio 2011 - ANCHE gli appassionati dei Pink Floyd più esigenti possono dormire sonni tranquilli. Sul palco del Teatro Romano di Fiesole, domenica sera, ci saranno anche il celebre gong e l’ombrellone blu caratteristici della performance di “Live at Pompeii”. Proprio il ‘remake’ del concerto del 1971 (quarant’anni e non li dimostra), eseguito nell’Anfiteatro di Pompei in assenza del pubblico, vedrà impegnato Max Gazzé (accompagnato dai MunFloyd, band che si è esibita con Gilmour alla Cardogan Hall di Londra, dal sassofonista Nico Gori e dalla vocalist Silvia Querci) nella prima parte del concerto. La seconda parte è dedicata invece a “The Dark side of the Moon”, il famoso concept album uscito nel 1973. «Il ‘ live’ è una responsabilità piacevole da affrontare per un artista». La filosofia di Max Gazzé a questo proposito è chiara. Alla base della sua carriera c’è la voglia di fare musica e il contatto con il pubblico.
«IL MIO PRIMO disco è nato ‘dal vivo’. Ho girato l’Italia in tour e solo in seguito ho registrato l’album». Max Gazzé è un artista che ha bisogno di ‘metabolizzare’ i brani sul palco. «Attualmente si assiste al fenomeno contrario — commenta il cantante — , dove il disco si produce con l’ausilio di software che aggiungono man mano gli strumenti alla base vocale. E l’occasione di suonare dal vivo, di provare i pezzi, si perde». Il concerto fiesolano, fedele alla linea di pensiero del ‘live’ — spiega il cantante romano — sarà un evento unico: «Lo spirito è quello dare al pubblico le stesse emozioni che provo suonando questi capolavori».
Pura voglia di suonare brani entrati a far parte dell’olimpo della musica rock. Ma per chi vuol rivivere le emozioni del concerto? « La memoria dell’evento la tratterranno sicuramente i filmati del concerto. E poi — scherza Max Gazzè — ci sono sempre i dischi originali dei Pink Floyd da riascoltare, quale emozione maggiore di quella? Il nostro sarà un concerto ‘qui e ora’, fatto con l’impegno e l’amore dovuti alla grande musica». Gazzè non è nuovo a questo genere di progetti. Ci aveva già pensato con “The lamb lies down on Broadway” dei Genesis nel 2010. Da dove nasce la passione di riproporre album che hanno fatto la storia? «La mia frequentazione della Britannia — così la chiama Max Gazzè — mi ha fatto crescere con una cultura più anglosassone che americana, musicalmente parlando. Tutto mi emoziona nel riproporre i grandi successi: testi, metrica e arrangiamenti. Cercheremo di ricreare un’atmosfera magica e filologicamente corretta. Ma sorprese e variazioni non mancheranno».
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