Gigi Paoli
Cronaca

Travolto e ucciso, nessun colpevole

Investì un carabiniere di 25 anni, procura e tribunale archiviano il caso dello scooterista ubriaco

Un intervento di un'ambulanza dopo un incidente (foto d'archivio)

Un intervento di un'ambulanza dopo un incidente (foto d'archivio)

 Firenze, 9 febbraio 2014  -«Nessuno lo ha visto passare con il semaforo rosso ed è impossibile che lo scooter che lo ha preso in pieno andasse a 40 all’ora. In questa triste storia non si è approfondito niente ed è un’ingiustizia clamorosa». L’avvocato Daniela Bizzarri non nasconde la sua indignazione nel raccontare la vicenda che ha come sfortunato protagonista Alessio Abd El Fatah, carabiniere fiorentino di vent’anni, che, alla guida del suo scooter, venne travolto e ucciso da un altro scooterista in piazza Paolo Uccello il 20 giugno 2013.

Per quell’incidente il sostituto procuratore Valentina Manuali (oggi trasferita a Perugia) aprì un fascicolo per omicidio colposo a carico del guidatore, il cinquantenne F.S., e dopo una consulenza decise di chiesere l’archiviazione. La famiglia della vittima, attraverso l’avvocato Bizzarri, presentò opposizione, ma il gip Anna Liguori confermò la prima decisione. Eppure, in qull’inchiesta ci sono dati che non tornano e domande senza risposta. Come è possibile che il povero carabiniere abbia potuto fare un volo di nove metri se l’altro scooterista andava solo a 38 chilometri all’ora? Come è possibile, se anche l’altro andava piano (Alessio era praticamente fermo), che le forcelle dello scooter della vittima si siano ripiegate all’indietro di 40 centimetri? Perché si sostiene che sia passato col semaforo rosso quando non esiste alcuna testimonianza diretta? Anzi, una ci sarebbe, quella di un amico della vittima, ma lui dice di non aver mai dichiarato che Alessio fosse passato col semaforo rosso e oggi ha firmato una dichiarazione giurata in cui conferma questa versione. Altri elementi sorprendono: nelle ore successive all’incidente, il semaforo pedonale su via del Sansovino dove era avvenuto l’incidente venne aggiustato perché difettoso e dallo stesso lato della carreggiata vennero collocati dei paletti quando, fino al giorno prima, c’era solo una sfilata di auto in sosta vietata. Il guidatore dello scooter mise a verbale di non essersi accorto della presenza del mezzo guidato da Alessio: forse il giovane era ‘nascosto’ dalle macchine in divieto di sosta. Questi i dubbi della dinamica.

Se ne aggiungono altri leggendo il decreto di archiviazione del gip. Il giudice dà per scontato quel che scontato non è, cioè che Alessio sia passato col rosso, e passa oltre a due dati molto significativi: la positività dell’investitore all’alcol e alle benzodiazepine. Sorprende leggere che i valori di alcol nel sangue di F.S. erano «pari a 0,6 grammi per litro, quindi superiore al valore di riferimento di 0,1, insufficiente per ritenere qualsiasi riflesso sui tempi di reazione alla guida». E allora il limite di legge cosa ci sta a fare? I limiti son fatti per essere superati? Non solo: è assurdo che ad F.S. non sia mai neanche stata tolta la patente per un giorno. E la positività alle benzodiazepine? Il gip la risolve così: è una categoria di medicinali «di cui fanno parte tutti gli ansiolitici, ossia i farmaci che dopo gli antinfiammatori sono i più usati nel mondo, atteso il numero di effetti collaterali molto basso». E si presume, dice ancora il giudice, che questa positività fosse tale perché le terapie di emergenza erano presumibilmente già state avviate. Insomma, tutto questo pare un gran pasticcio. «Ho visto andare a giudizio per molto meno in casi di incidenti mortali», dice l’avvocato Bizzarri, che sa bene di poter far riaprire il caso solo in presenza di eventi nuovi. Ma la famiglia di Alessio non ci sta a leggere che la colpa dell’incidente, in fondo, è della stessa vittima: «Come si può dire che nostro figlio è morto così?», si disperano i genitori. Che hanno davvero il diritto di avere risposte.