Grosseto, 1 aprile 2016 - DOPO QUASI quattro anni si è chiuso il primo grado della vicenda giudiziaria che ha ruotato attorno alla morte di Arito Canaj, l’albanese di 26 anni deceduto nel corso della sparatoria lungo la Siena-Grosseto, nella notte tra il 20 e il 21 giugno del 2012. Ieri, davanti al giudice dell’udienza preliminare Valeria Montesarchio, Raffaele Bracale, poliziotto in servizio alla questura di Grosseto, è stato condannato a dieci mesi di reclusione per omicidio colposo. E’ stato giudicato con rito abbreviato, come chiesto dal suo legale, l’avvocato Marco Festelli. Mentre i parenti di Canaj, compreso il figlio che lui non ha mai conosciuto, sono stati assistiti dall’avvocato Carlo Manti. Una vicenda tristissima. Un’inchiesta che si è aperta prima con un solo indagato, il poliziotto che alla fine è stato condannato e poi estesa nel corso degli accertamenti ad altri tre colleghi della Mobile. Posizioni queste per cui però il pubblico ministero che ha coordinato l’inchiesta, Salvatore Ferraro, ha chiesto l’archiviazione.
LA SPARATORIA mortale si consumò durante un posto di blocco, vicino la galleria di Casal di Pari. La Volswagen Golf con alla guida Canaj e seduto sul lato passeggero il cugino Maxim Deromemomay stava viaggiando in direzione Grosseto. Gli agenti stavano aspettando proprio quell’auto, si è poi saputo nel corso delle indagini. A bordo, infatti, oltre i due giovani albanesi c’era una valigetta con dentro dieci chili di marijuana che i due avevano acquistato a Firenze. Ed era proprio dal capoluogo che stavano rientrando Canaj e Deromemomay. Alla vista dei poliziotti che intimarono l’alt, la vittima rallentò a causa di una fila formatasi fuori dalla galleria, ma appena giunto vicino agli agenti Canaj, che era alla guida appunto, accelerò iniziando la fuga che lo ha portato alla morte. Ci furono degli spari. Uno di questi, quello esploso dalla pistola che impugnava l’imputato, raggiunse Canaj alla spalla. Un colpo che si è poi rivelato fatale.
IL GIOVANE morì pochi minuti dopo nel disperato viaggio verso l’ospedale. Un altro proiettile fu trovato conficcato nel poggiatesta del passeggero. Altri a terra. Un’inchiesta di cui si è a lungo parlato, con indagini su balistica e medico-legali per individuare la traiettoria del proiettile mortale: l’agente della Mobile si è sempre difeso sostenendo di essere stato colpito dall’auto in ripartenza e per questo di non aver potuto controllare la traiettoria dello sparo. Il legale della parte civile aveva chiesto la condanna per omicidio volontario. Ieri il giudice Montesarchio ha chiuso il primo grado con la condanna a dieci mesi per omicidio colposo.