La Spezia, 1 dicembre 2016 - SI È CONCLUSO con la condanna a due anni e tre mesi, pena sospesa per l’età del protagonista che va verso i 79, il processo all’ufficiale giudiziario che non aveva consegnato le cartelle esattoriali. Una caso eclatante, perché l’accusa aveva evidenziato che erano stati la bellezza di 356 gli atti che non erano stati recapitati ai destinatari. Fausto Adiletta, colui che può essere considerato il decano degli ufficiali giudiziari spezzini, dovrà anche pagare una provvisionale all’Ica e alle Generali, le società danneggiate dal suo comportamento che si sono costituite parti civili: 18 mila euro nel primo caso, poiché le cartelle non consegnate erano più numerose, 2 mila alle Generali poiché si è trattato solo di due casi. L’ufficiale giudiziario ‘infedele’, ora in pensione, dovrà anche pagare le spese legali.
Il collegio presieduto da Gianfranco Petralia, con giudici a latere Giacomo Nappi e Marinella Acerbi, ieri mattina sì è riunito in camera di consiglio per due ore e mezza prima di emettere la sentenza. Era presente lo stesso Adiletta. Nello specifico, sono state prese in considerazione solo le cartelle esattoriali non consegnate dall’aprile 2008 all’aprile del 2009, quando ci fu il blitz dei carabinieri con la perquisizione in casa dell’ufficiale giudiziario e il sequestro degli atti non consegnati. Alcuni erano stati rinvenuti anche nel suo ufficio. Per le cartelle precedenti al 2008, infatti, il reato risulta prescritto.
IL PUBBLICO ministero Giovanni Maddaleni aveva chiesto tre anni di reclusione. L’avvocato Paolo Munafò nella difesa ha fatto leva sul fatto che tutte le pratiche degli atti contestati, sia pur numerose, erano state comunque avviate e non completate. Adiletta non si era rifiutato di farle, solo che poi aveva avuto dei problemi di salute, cosa che è stata riconosciuta anche dai suoi colleghi chiamati a testimoniare. La sua colpa è stata di non aver mai chiesto formalmente di essere dispensato dalla consegna delle cartelle esattoriali. Neppure quando aveva avuto i problemi personali che lo avevano portato al ‘rifiuto’ del lavoro. L’ufficiale giudiziario non aveva neppure mai accettato l’ipotesi del patteggiamento.