PAOLO PACINI
Cronaca

Rapina all’orefice e furti nelle case: condannata la banda dei sinti

Stangata del gup: pene da 3 a 9 anni di carcere. Ma anche molte assoluzioni per i furti

I carabinieri con l’orefice Aldebrando Del Pecchia, picchiato e rapinato nel suo negozio a Nave il 12 gennaio 2016 (foto Alcide)

Lucca, 27 maggio 2017 - PESANTI condanne, ma anche molte assoluzioni, al processo in rito abbreviato (con sconto di un terzo, quindi) celebrato ieri davanti al gup Riccardo Nerucci per i sinti accusati di una raffica di furti i in case e attività commerciali e anche della rapina messa a segno 12 gennaio 2016 alla gioielleria di Nave. Le indagini erano state condotte dai carabinieri del nucleo investigativo e del nucleo operativo e radiomobile di Lucca, con l’operazione «Non stop», diretta dal pm Aldo Ingangi. Tutti assolti comunque dall’imputazione di associazione a delinquere, come chiedevano gli avvocati difensori Luigi Velani, Giovanni Biagi, Nicola Giribaldi e Giacomo Giribaldi.

 

NOVE anni e 8 mesi di reclusione per il 29enne Domenico Tarantino; 7 anni e 8 mesi per il 38enne Clei Satori; 5 anni per il 32enne Alessandro Bini; 3 anni e 4 mesi per la ventitreenne Virginia Maccani, che si era finta cliente per farsi aprire la porta dal gioielliere. I quattro sono stati ritenuti responsabili a vario titolo della rapina ai danni dell’orefice Aldebrando Del Pecchia, ammanettato e picchiato nel suo negozio in via Sarzanese a Nave. Assolti invece per quella drammatica vicenda Patrik Cavazza (su richiesta dello stesso pm Aldo Ingangi), Cesare Satori, Daniel Di Leo. Assolti anche Francesco Moscatelli, Maria Satori e Consuelo Iussi.

 

CONDANNATO dal gup a 3 anni e 4 mesi per furto Daniel Di Leo; a 2 anni e 4 mesi per una tentata rapina Ismaele Lebbiati. Ha inoltre patteggiato 1 anno e 6 mesi di reclusione Samuele Ammoscato. Il giudice Nerucci ha assolto gli imputati dalla maggior parte dei furti loro contestati, ritenendo sostanzialmente che non fosse provata la loro responsabilità. Si procede con rito ordinario, invece, per altri sei imputati coinvolti nel giro di furti e nella ricettazione, il cui processo è in corso davanti ai giudici del tribunale collegiale di Lucca.

 

L’INDAGINE era scattata a dopo un sequestro di refurtiva trovata ad alcuni sinti abitanti nel campo nomadi di Maggiano, ma si era allargata ad altri soggetti dei campi nomadi di Lucca e della Versilia, trovando collegamenti tra la recrudescenza di furti in case e attività commerciali, riconducibili secondo gli inquirenti alla stessa banda. Era emerso che il gruppo si dedicava a furti di ogni genere: dai quelli di borse nelle auto lasciate in sosta davanti alle scuole, all’utilizzo illecito di carte di credito e bancomat, dai furti in abitazione, ditte ed esercizi commerciali di Lucca e Piana, ai raid ai danni di banche ed uffici postali: in particolare a Quiesa e a San Martino in Freddana. Poi il colpo più clamoroso e anche alquanto maldestro: la rapina da 60mila euro alla gioielleria di Nave. A incastrare alcuni imputati ernao state anche le intercettazioni telefoniche.