Lucca, 29 aprile 2017 - Il Serchio non è il Gila river, fiume che scorre nelle terre di quello che fu il Selvaggio West, ma anche il corso d’acqua della Garfagnana ha bisogno dei suoi sceriffi. Non ci sono mandrie di bovini da proteggere come accadeva nella Frontiera americana di metà ’800 ma anche la Valle del Serchio ha i suoi razziatori, che prendono di mira le trote appena immesse nei corsi d’acqua. In dieci giorni – denunciò poco tempo fa Niccolò Carotti – nel tratto di fiume tra Camporgiano e San Romano ne erano sparite circa 1200, ora si corre ai ripari. Con i pescatori che si offrono di fare da «tutori della legge» organizzando pattugliamenti di controllo. Una specie di ronda sui corsi d’acqua della zona per mettere il sale sulla coda, come direbbe Tex Willer, ai bracconieri.
Giovedì sul grave fatto si è svolta una riunione, convocata dal sindaco di Camporgiano Francesco Pifferi. Al centro dell’incontro proprio la volontà di creare un coordinamento affinché questo genere di episodi non si ripeta: da una parte i carabinieri e la forestale hanno assicurato che, ognuno per le proprie competenze, effettueranno le indagini relative all’episodio avvenuto per cercare di individuare gli autori e garantiranno maggiori controlli per far sì che l’episodio resti unico. Dall’altra c’è la mobilitazione da parte delle persone che vivono in Garfagnana: «Ho ricevuto – dice Niccolò Carotti, titolare della concessione del tratto di fiume oggetto del bracconaggio – moltissimi attestati di solidarietà che mi hanno fatto piacere umanamente ma soprattutto dimostrano come le persone che vivono in Garfagnana comprendano come quella che stiamo realizzando sia un’opportunità per la promozione di questa zona attraverso la pesca sportiva».
Ma quel che sorprende è che in questi giorni Carotti abbia ricevuto anche numerose ‘candidature’ da parte di persone che vivono nella zona di Camporgiano per effettuare un servizio di sorveglianza autogestito: «Anche questo – aggiunge Carotti – mi ha fatto molto piacere e abbiamo deciso di fare una sorta di guardia venatoria volontaria, realizzata grazie alla buona volontà di queste persone, che garantiranno la sorveglianza del fiume. Questa partecipazione dimostra come le persone che vivono in questa zona si siano sentite parte della vicenda e che l’episodio è veramente limitato a poche persone»