Lucca, 25 luglio 2013 - Di solito i musicisti rock che raggiungono l’età matura decidono di imbracciare chitarra acustica, ukulele e mandolino e di creare versioni “unplugged” dei propri brani. Questo non è il caso di {{WIKILINK}}Neil Young{{/WIKILINK}}, che nel suo viaggio verso le 70 primavere, sottolinea al contrario sempre di più la propria anima rock.
Gli ultimi album della sua vastissima discografia lo dimostrano a partire da Living with war a The noise, da Americana fino all’ultimo Psychedelic Pill. Proprio questo disco riporta con Young i fidati Crazy Horse, gruppo che ha legato il suo nome al suono del cantante e chitarrista canadese, spesso in contrasto con le atmosfere più rassicuranti del sodalizio con Crosby, Stills e Nash. Psychedelic Pill è un album doppio per un totale di 85 minuti di musica e con brani come l’iniziale Driftin’ Back che superano i 25 minuti di durata. Tutto nel segno del rock duro e puro.
Per questo anche dal vivo il copione non cambia come nella prima delle due date italiane del tour, al {{WIKILINK}}Summer Festival {{/WIKILINK}}di Lucca. E i suoi compagni di palco (Billy Talbot al basso, Frank Sampedro alla chitarra e Ralph Molina alla batteria) seguono le indicazioni di Young da bravi operai della musica con quella classe che solo gli artigiani di esperienza sanno regalare.
Psychedelic Pill è rappresentata dal brano che dà il titolo all’album, oltre che da Walk like a Giant e da Ramada Inn. Ma l’inizio, dopo l’ottima esibizione del texano Devendra Banhart forse capitato in una serata più grande di lui, è affidato a Love and Only Love da Ragged Glory del 1990 per fare capire che il repertorio sarebbe stato scelto da tutta la discografia senza privilegiare né gli ultimi dischi né quelli (come Harvest, da cui è stata fatta solo Heart of Gold) appartenenti al cuore di molti spettatori giunti in piazza Napoleone.
Ci sono comunque dei classici pronti a scaldare l‘anima del pubblico come Cinnamon Girl, perle rare come Surfer Joe and Moe the Sleaze ma anche cover di lusso come Blowin’ in the Wind di Bob Dylan e la splendida Mr.Soul degli anni lontani dei Buffalo Springfield. Uno spettacolo che per intensità e volume ha ricordato quello del tour italiano del 2008. Un’altra occasione per far capire che Neil Young non ha certo intenzione di appendere la chitarra elettrica al chiodo.
Michele Manzotti
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