Massa Carrara, 19 agosto 2015 - DUE BOSS della ’ndrangheta latitanti nascosti in un hotel della Lunigiana e favoriti da un commercialista di Mazara del Vallo, Aldo Paolo Laudicina, 45 anni, all’epoca residente ad Albiano e che operava nello studio di un noto professionista carrarese. Paolo Lentini detto «o pistola» e Antonio Morelli, affiliati alla cosca Arena di Capo Rizzuto, erano ricercati dall’antimafia di Catanzaro e nel 2009 vennero alloggiati in un albergo in attesa di prendere il volo verso la Tunisia.
La vicenda è tornata a galla nei giorni scorsi dopo che la Corte di Cassazione ha respinto il ricorso di 42 imputati tra cui il Laudicina che in appello era stato condannato alla pena di tre anni e undici mesi di reclusione. Il commercialista era accusato di aver favorito, assieme ad altri sette affiliati alla cosca calabrese, la latitanza di Paolo Lentini e Antonio Morelli destinatari di una ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dal gip di Catanzaro il 16 aprile 2009. Gli imputati li hanno muniti di documenti contraffatti e li trasporavano con un’auto presa a noleggio dal nord Europa, dove si trovavano per sfuggire alla cattura, in Italia, in attesa di espatriare verso la Tunisia, dove un boss aveva interessi economici; li hanno ospitati in un hotel della Lunigiana dove venivano alloggiati senza essere registrati e li hanno sostenuti anche economicamente procurandogli circa mille euro. Lentini e Morelli, considerati elementi di spicco della cosca ’ndranghetista Arena di Capo Rizzuto, erano stati arrestati dai carabinieri della Compagnia di Pontremoli all’uscita da un ristorante sempre nella zona della Lunigiana.
Gli uomini dell’Arma erano stati avvisati dai colleghi che avevano seguito gli spostamenti di un altro boss che aveva coordinato il viaggio per «nascondere» i due latitanti. Laudicina che all’epoca dei fatti era alle dipendenze di un noto commercialista di Carrara (che non è assolutamente coinvolto nella vicenda e non è mai stato neppure indagato) era accusato anche di aver intestato due proprietà ad una società fittizia per eludere le disposizioni di legge in tema di misure di prevenzione patrimoniali. Il commercialista era stato arrestato nell’ottobre del 2010 assieme ad altre venti persone nell’ambito dell’inchiesta «Infinito» che aveva sgominato la cosca calabrese che operava a Desio in Brianza e in manette era finita anche Angelica Riggio, 29enne, la donna del boss Domenico Pio che, secondo gli investigatori, gestiva le estorsioni. Laudicina non era coinvolto nel sistema del «pizzo» e le intercettazioni telefoniche hanno spostato poi l’attenzione anche nello studio carrarese dove opereava. Gli uomini dell’antimafia il 5 giugno 2009 alle ore 13,06 ascoltano Carmine Verterame (altro arrestato) mentre parla con Laudicina che gli prospetta la necessità di mille euro in contanti da dare «ai nonni» («voglio qualche mille euricchio... che glieli devo lasciare ai nonni, che si devono comprare qualcosa, vanno e se la comprano»). Laudicina si rende disponibile, «Ah.. sì, va bene». Verterame poi accompagna i latitanti all’hotel dopo essere uscito al casello di Aulla. Alle 22,30 i carabinieri di Pontremoli arrestano i due ricercati. Viene intercettato anche il titolare dello studio di Carrara dove operava il commercialista Laudicina mentre parla con toni scherzosi della sparizione di un affiliato alla cosca rifugiatosi in Spagna per paura di essere ucciso: «pensavamo che fosse un c..., eh!, invece guarda che personaggio ti viene fuori».