Montecatini 26 ottobre 2013 - «La verità su Ustica? Io l’ho già raccontata venti anni fa, in un’intervista rilasciata a Oriano De Ranieri, giornalista della redazione di Lucca del quotidiano La Nazione». Marco Affatigato, pochi giorni dopo la sentenza della Corte di Cassazione che conferma i depistaggi operati per non far conoscere la verità sulla strage, torna a raccontare alla nostra redazione di Montecatini quello che sa. Lo scenario è quello di un vero e proprio «Intrigo internazionale», come si intitola il libro scritto sulla vicenda alcuni anni fa per Chiarelettere da Giovanni Fasanella e Rosario Priore. E Affatigato è il personaggio perfetto per una storia come questa.

Lucchese, nato nel 1956, è stato esponente dal 1973 al 1976 del movimento politico Ordine Nuovo. Nel 1976  è stato accusato e condannato ad anni quattro e mesi sei per violazione della Legge Scelbe (ricostituzione del Partito nazionale fascista). e, l’anno successivo tre anni e sei mesi sei per favoreggiamento di Mario Tuti. Ha collaborato con i servizi segreti francesi ed americani come infiltrato  in una cellula terroristica internazionale. Dopo la strage di Ustica, grazie ad una telefonata venne attribuita la sua presenza sull’aereo. Le indagini della magistratura inquirente bolognese hanno appurato che a effettuare la telefonata fu il colonnello Federigo Mannucci Benincasa , capocentro del Sismi a Firenze. L’ufficiale  aveva avuto il compito di coinvolgerlo in un fatto grave che sarebbe avvenuto a Bologna. Successivamente, Affatigato e sarà nuovamente indicato quale autore della strage alla stazione di Bologna, sempre da Mannucci Benincasa, dal generale Giuseppe Santovito ed altri vertici del Sismi che saranno condannati dalla Corte di Assise di Bologna insieme a Licio Gelli e Francesco Pazienza per il reato di calunnia aggravata nei suoi confronti.
 

Affatigato, nell’inverno del 1992 lei dichiarò al giornalista della redazione di Lucca del quotidiano «La Nazione» come si erano svolti effettivamente i fatti nella vicenda di Ustica. Puoi ripeterci che cosa accadde veramente e perché?
«Mi pare giusto iniziare a rispondere con una frase presa in prestito da un intervista nella trasmissione del 27 giugno 2010 su La 7, dell’ex ministro Gianni De Michelis, già vice presidente del consiglio e ministro degli Affari Esteri dal 1988 al 1992: tutti si sa cosa è avvenuto ma la ragion di stato ci impedisce di dirlo .
 

Cosa voleva dire l’ex ministro?
«In questa trasmissione, De Michelis ha difeso la ragion di stato, parlando di una guerra sporca in atto tra Est e Ovest e del fatto  fatto che solo gli storici, quando gli archivi segreti saranno aperti, potranno raccontare la verità. L’ex ministro ha in sostanza difeso le ragioni di opportunità politica internazionale, lasciando intendere che il volo civile si trovò nel contesto di un’azione di guerra. Il politico veneziano ha ribadito  che gli  interventi violenti contro il nemico sono giusti, lasciando intendere l’ovvietà di una totale omertà da parte dei governi amici.  In questo modo anch’egli conferma ciò che l’indagine di un magistrato inquirente (l’allora giudice istruttore del Tribunale di Roma, Rosario Priore) ebbe a delineare nella sua ordinanza di chiusura delle indagini :«L’incidente al DC9 è occorso a seguito di azione militare di intercettamento, il DC9 è stato abbattuto, è stata spezzata la vita a 81 cittadini innocenti con un’azione, che è stata propriamente atto di guerra, guerra di fatto e non dichiarata, operazione di polizia internazionale coperta contro il nostro Paese, di cui sono stati violati i confini e i diritti».
 

E allora che cosa è successo davvero?
«Il Douglas Dc9 della compagnia aerea italiana Itavia immatricolato I-TIGI ,volo IH870 da Bologna diretto a Palermo lungo l’aerovia Ambra 13, fu oggetto di fuoco amico o  obiettivo non è mio compito determinare ciò. È da sempre  che esterno ciò che ho appreso nel corso del tempo. Inizialmente per cercare di capire il perché il mio nominativo venne indicato e collegato a quel grave atto di guerra in tempo di pace. Sui cieli di Ustica si affrontarono aerei militari di diversa nazionalità (libica, francese, statunitense e italiani) e il DC9 dell’aviazione italiana vi si trovò nel mezzo. Perché venne abbattuto dapprima il DC9 e poi successivamente il Mig libico? Stranamente nel corso di questa battaglia aerea e la sua descrizione scompare quello che è stato indicato nel tempo il vero obiettivo , ovvero un Tupolev che avrebbe trasportato il leader libico Gheddafi. Ancora più stranamente, nella ricostruzione dei fatti circa l’ingaggio degli aerei amici si dice che questo, dopo l’abbattimento del DC9 Itavia, si mettono all’inseguimento non del Tupolev – che sarebbe stato il vero obiettivo – ma del Mig per poi riuscire a colpirlo all’altezza dell’altopiano della Sila, in Calabria…allora la domanda sorge spontanea: ma il Tupolev che si dice dovesse trasportare Gheddafi c’era veramente ?»     

Lei è un personaggio atipico in questo contesto. Anche perché ha raccontato molto di quello che ha visto. Non ha paura di ritorsioni, anche tardive?                                                                                                                   «No, come dice un proverbio Male non fare paura non avere  e certamente amo alzarmi la mattina , guardarmi nello specchio e dirmi “anche oggi ho fatto ciò che dovevo fare". Per essere liberi, veramente liberi, è necessario essere se stessi ed io lo sono stato in passato e lo sono al presente ed essere giusti e veritieri non può crear timori o paure, dolori certamente».                                                                                        

Daniele Bernardini