{{IMG_SX}}Perugia, 3 febbraio 2009 - E’ arrivata al capolinea l’inchiesta dello Sco della squadra mobile sui presunti appalti pilotati, che vede coinvolti costruttori e funzionari pubblici, in particolare della Provincia di Perugia. Ieri mattina il pm Manuela Comodi (nella foto) ha notificato 52 avvisi di conclusione delle indagini preliminari, atto che prelude la richiesta di rinvio a giudizio. Nel 415bis compaiono anche i nomi di aziende che fanno riferimento ad alcuni indagati.
E insieme all’Appalti Lazio, alla Tecnostrade, Ediltevere e Seas, spunta la Costruzioni Edili, società di capitali per la quale non è stata adottata alcuna misura interdittiva (commissariamento). Nella prima tranche, la mattina del 12 giugno gli uomini di Marco Chiacchiera eseguirono 35 ordinanze di custodia cautelare concordate dal gip Claudia Matteini. In otto finirono in carcere: quattro funzionari della Provincia di Perugia - Adriano Maraziti (56 anni), Fabio Patumi (56), Maria Antonietta Barbieri (51) e Lucio Gervasi (58) - e altrettanti costruttori, tra i quali l’amministratore di Tecnostrade Carlo Carini (55), difeso dall’avvocato Luciano Ghirga, Massimo Lupini (54) della Seas assistito da Nicola Di Mario, Gino Mariotti (56) di Appalti Lazio (avvocati Luca Maori e Marco Brusco) e Dino Bico (74) dell’Ediltevere difeso da Francesco Falcinelli.
Mentre per altre 27 persone la Procura chiese e ottenne i ‘domiciliari’. Secondo il pm, l’area viabilità (ma non solo) della Provincia appare "interamente asservita, con i suoi direttori, dirigenti e funzionari, al gruppo" di cui facevano parte i quattro costruttori arrestati. Otto finirono in carcere: gli ultimi a uscire dopo cinque mesi sono stati il funzionario dell’amministrazione provinciale di Perugia Maria Antonietta Barbieri, che è accusata di aver garantito l’esecuzione delle gare truccate mediante l’avallo dei suoi superiori, e il direttore tecnico di Seas Massimo Lupini, ritenuto il trait d’union tra i funzionari pubblici e gli imprenditori che avrebbero pagato per ottenere gli appalti.
Agli otto viene contestato il reato di associazione per delinquere "al fine di commettere una serie indeterminata di reati di corruzione, abuso d’ufficio, turbata libertà degli incanti e falso ideologico". In un secondo momento sarebbe finito nella bufera anche il maresciallo della Guardia di Finanza Massimo Mazzocchi (55), accusato di concorso in corruzione con Carini: secondo l’accusa si è adoperato per 'ammorbidire' gli effetti di verifiche fiscali in una delle sue aziende, ma il Tribunale della Libertà annullò la misura cautelare.
Tra i nomi elencati nel 415bis compaiono anche indagati non colpiti da misure restrittive, come l’ex presidente di Confindustria umbra Mario Fagotti (accusato di falso ideologico) e il patron del cemento Carlo Colaiacovo (gli contestano la corruzione). Gli indagati avranno venti giorni per produrre documenti e chiedere il compimento di ulteriori atti di indagine al magistrato.
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