Pisa, 30 novembre 2011 - QUELLO di un brigadiere lucchese, attualmente in servizio alla compagnia dei carabinieri di Pisa, è uno dei quattro nuovi casi di malattia tra i militari italiani per possibile contaminazione da uranio impoverito. Sono stati denunciati attraverso il blog Vittimeuranio.com  dall’avvocato barese Bruno Ciarmoli, legale dell’Associazione Vittime Uranio. «Nel 2006 (all’epoca avevo 38 anni) — scrive A.G. — sono stato in missione in Kossovo, nella zona di Diakovica (è notorio che la zona è stata la più bombardata di tutti i Balcani con uranio impoverito), con incarichi che mi vedevano quotidianamente impegnato presso la popolazione locale, in municipalità e villaggi, nei quali è ampiamente dimostrato vi siano stati effettuati bombardamenti con uranio impoverito. Alla fine del 2008, a due anni e 4 mesi dal rientro dalla missione, nell’ambito dei controlli previsti dal protocollo Mandelli, grazie a un’oncologa particolarmente scrupolosa dell’ospedale civile di Lucca (che ringrazierò sempre), mi è stato diagnosticato un polipo adenomatoso villoso con infiltrazione dell’asse connettivo vascolare, in trasformazione maligna (adenocarcinoma) al sigma, quindi operato con una resezione del sigma di circa 10 centimetri. Nello stesso periodo, poiché lamentavo una crescente difficoltà a deglutire, effettuando un’ecografia dei tessuti molli e del collo, mi veniva anche diagnosticato un macro nodulo tiroideo delle dimensioni di oltre 4 centimetri (anche questo operato nel 2010 con tiroidectomia totale). A seguito di tali patologie, nell’ottobre del 2009 inoltravo istanza di riconoscimento per causa di servizio».


«LO SCORSO agosto il Ministero Difesa — continua il brigadiere — mi informava che la Commissione di Verifica sulle Cause di Servizio aveva dichiarato che le patologie ‘non risultano dipendenti da fatti di servizio’, fornendo ai sensi di legge 10 giorni per fornire ulteriore documentazione, dopodichè sarebbe stato messo formale provvedimento definitivo negativo. Considerato ciò, sospettando che le informazioni fornite dall’Arma dei Carabinieri, ovvero dal Comando del Reggimento Msu di stanza in Kossovo con il previsto rapporto informativo, fossero quantomeno incomplete, con le forme di legge, ne acquisivo copia, appurando che i miei sospetti erano fondati! L’Arma aveva omesso di indicare i servizi svolti, la loro natura e soprattutto le zone da me interessate nell’area limitandosi a riferire le date in cui ero stato in Kossovo».
 

«ALLA LUCE di ciò — incalza il carabiniere —, il 25 di agosto chiedevo al Ministero la sospensione e procastinamento di 40 giorni del provvedimento, quindi chiedevo Rapporto con il Comandante Generale dell’Arma Carabinieri, al fine di poter richiedere un suo intervento per far integrare il citato rapporto informativo. Il 3 ottobre, ho inviato un’istanza di riesame con nuovi elementi e carte delle zone dichiarate a rischio dalla Nato. Il 20 ottobre sono stato ricevuto dal Capo del 1° Reparto del Comando Generale dell’Arma generale di brigata Angelo Agovino, che ha riconosciuto ‘l’anomalia’ nella compilazione dei rapporti informativi dei militari. Mi è stato quindi consigliato di presentare una nuova istanza di causa di servizio ai sensi della 266/2005, nonché di attendere un po’ di tempo prima di eventuali azioni. Sono ancora in attesa di notizie — chiude —, quindi sto valutando la possibilità di adire alle vie legali».
 

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