Pisa, 25 giugno 2016 - «La lunghissima chiusura della Biblioteca Universitaria di Pisa è uno scandalo intollerabile, che deturpa l’immagine della città, umilia e depotenzia la ricerca, offende chiunque a Pisa abbia a cuore la cultura». Inizia così l’intervento del professor Salvatore Settis, archeologo e storico dell’arte, dal 1999 al 2010 direttore della Scuola Normale Superiore. C’è anche la sua firma tra le primissime adesioni all’appello lanciato da La Nazione per riaprire la Biblioteca universitaria.
«Per la compresenza di un’importante Università, di due Scuole Superiori (Normale e Sant’Anna), dell’area di ricerca Cnr e di altre istituzioni di ricerca e studio (come la Biblioteca Cateriniana e la Fondazione Monasterio) – prosegue il professor Settis –, Pisa può aspirare a una posizione privilegiata fra i ‘luoghi d’eccellenza’ del Paese: ma questo non sarà mai vero fino a quando la Biblioteca Universitaria resterà chiusa e le istituzioni reagiranno con una sorta di blanda semi-indifferenza, rinviando la soluzione di mese in mese, di anno in anno».
Poi l’invito: «Al Ministero dei Beni Culturali, al Rettore, alle autorità cittadine spetta indicare con urgenza modi e tempi certi e veloci, impegnandosi a fondo nella soluzione di un problema annoso che ferisce profondamente la città e gli studi». Adesio anche dal professor Michele Feo: «Mi rallegro con l’iniziativa de La Nazione che scuote la sonnolenza cittadina. Ho personalmente polemizzato abbastanza contro le istituzioni responsabili dello scempio di un grande patrimonio e non condivido le soluzioni che si stanno attuando, perché volte alla soddisfazione di avidità accademiche settoriali e nemmeno tanto nascostamente all’annientamento della gloriosa Biblioteca Universitaria attraverso smembramenti, sottrazione di spazi, dislocazioni e incurie di ogni tipo. Anche l’appello per la sollecita riapertura rischia di essere un clamare in deserto, se non si discute e non si chiariscono i modi in cui la Biblioteca dovrebbe riaprire (per intenderci non riducendola a una cenerentola e a quattro stracci).
Qui vorrei che la Nazione si facesse portatrice di un invito per Andrea Bocelli. Poiché è corsa voce che la riapertura della Sapienza, da chi vi andrà a vivere con aule e studi costruiti in spazi sottratti alla Biblioteca, sarà celebrata con feste, pompe, glorie e cerimonie alle quali sarà chiamato a dare lustro il cantante Bocelli, vorrei che al Bocelli il giornale facesse pervenire pubblicamente la timida ma ferma esortazione a rifiutare l’invito. Farebbe un cattivo servizio alla cultura e a se stesso prestandosi a ‘lavare’ una squallida iniziativa che vorrebbe coprire una pagina vergognosa della storia di Pisa».