Pisa, 29 settembre 2017 - Una tecnica chirurgica innovativa nata sotto la Torre. E già il nome lo testimonia: si chiama P.I.S.A. e l’acronimo (Percutaneous Intrahepatic Split by Ablation) casualmente coincide anche con il nome della città in cui la tecnica è stata messa a punto.
E’ una procedura di Radiologia interventistica complessa ma mininvasiva concepita per indurre l’ipertrofia epatica nei pazienti affetti da grossi tumori epatici primitivi o da multiple metastasi epatiche. La tecnica è talmente innovativa che, al recente congresso Cirse (Cardiovascular and Interventional Radiological Society of Europe) di Copenhagen, il meeting europeo più importante di Radiologia interventistica con più di 6500 partecipanti da tutto il mondo, è stata premiata con un “Certificate of Merit” (l’unico poster su lavoro sperimentale del convegno a ottenere tale riconoscimento).
La nuova procedura è stata realizzata per la prima volta dal dottor Alessandro Lunardi, dell’Unità operativa di Radiologia interventistica (diretta dal dottor Roberto Cioni), che l’ha ideata nel 2015 insieme al professor Ugo Boggi, direttore dell’Unità operativa di Chirurgia generale e trapianti dell’Aoup. La novità, rispetto alle procedure chirurgiche più innovative e in uso da almeno 10 anni, consiste nell’indurre una ipertrofia del fegato che consenta anche asportazioni maggiori della parte malata di organo, laddove necessario, poiché crea le condizioni per lo sviluppo dell’ipertrofia del fegato sano, associando due procedure percutanee mini invasive.
Questa tecnica ottiene valori di ipertrofia sovrapponibili alla procedura chirurgica (denominata ALPPS), ma con ridotto rischio di mortalità e minor rischio di complicanze. Essa associa due tecniche percutanee: la PVE (embolizzazione portale), che determina una ipertrofia (dal 20% al 40%) della porzione di fegato sano che deve rimanere al paziente, e la PISA che determina un ulteriore aumento di volume del fegato sano, fino a raggiungere valori superiori al 100% (valore medio dell'ipertrofia 83%; valori da 68,1% a 109,3%). Questi valori di ipertrofia sono del tutto paragonabili a quelli fino ad oggi ottenuti solo mediante la chirurgia ALPPS (Associated Liver Partition and Portal vein Ligation for Two Staged Hepatectomy), una tecnica chirurgica in due stadi che si utilizza da circa 10 anni e che permette di raggiungere una ipertrofia del fegato sano con valori medi dell’81%. Il problema della tecnica ALPPS chirurgica è che al momento risulta gravata da elevata mortalità e sviluppo di numerose complicanze prevalentemente correlate con il primo stadio chirurgico.
La tecnica P.I.S.A. ha invece la peculiarità di rendere mini invasivo il primo stadio della ALPPS creando un piano sagittale di necrosi coagulativa mediante ablazione a microonde che permette di interrompere gli scambi portali intraparenchimali tra i due lobi del fegato, considerati un fattore limitante per lo sviluppo di ipertrofia del fegato sano del paziente. Le elevate percentuali di ipertrofia ottenute hanno reso operabili pazienti che altrimenti non sarebbero stati candidabili a resezioni epatiche maggiori.
Nei primi casi trattati con la P.I.S.A., la tecnica si è dimostrata sicura in assenza di complicanze ed i pazienti operati dal professor Boggi, dopo le procedure radiologiche, hanno avuto un buon decorso postoperatorio in assenza di complicanze maggiori.
Questo successo è stato reso possibile anche grazie alla valida collaborazione con le Unità operative di Radiodiagnostica 1° diretta dal professor Davide Caramella, di Medicina nucleare diretta dal professor Duccio Volterrani e di Anestesia e rianimazione trapianti diretta dal dottor Gianni Biancofiore (edm).