Quarrata (Pistoia), 4 agosto 2016 - "Mi hanno consegnato un avviso in cui si dice che sono indagato per abuso d’ufficio, voto di scambio e peculato" dice con evidente amarezza Marco Mazzanti, sindaco di Quarrata. Ed è stato proprio lui stesso a chiamare in redazione per darci la notizia: "Io sono tranquillo, non ho niente da nascondere alla mia città e ho piena fiducia nella magistratura. Sono convinto che verrà chiarita la mia posizione e sarà evidenziata la mia correttezza di sindaco e di cittadino di Quarrata".
La faccenda si riferisce al 2015, quando Mazzanti, secondo l’accusa, avrebbe fatto al Cis i nomi di alcuni cittadini residenti nel Comune, da tempo disoccupati, perché venissero assunti a tempo determinato, ossia per tre mesi.
"E’ vero che li ho nominati al Cis, ma solo per partecipare a un colloquio e nego categoricamente che fossero miei parenti o amici: erano solo persone che erano venute a chiedermi aiuto perché in estrema difficoltà economica". Nel mirino ci sarebbero anche le convocazioni di alcuni scrutatori durante le elezioni «che però - sottolinea Mazzanti - sono stati scelti sia da noi della maggioranza che dai membri dell’opposizione, secondo il criterio, stabilito e condiviso, di prendere solo disoccupati e studenti». Sarebbe questo quindi l’abuso d’ufficio di cui è accusato il primo cittadino, aggravato in quanto collegato ad un presunto reato di voto di scambio. Secondo l’accusa, infatti, Mazzanti avrebbe chiesto ai beneficiari delle assunzioni di votare, in cambio del favore, per Marco Niccolai e per Federica Fratoni alle primarie del Pd, entrambi poi candidati per il consiglio regionale.
"Non ho mai chiesto né ricevuto nulla da nessuno di questi miei concittadini che ho voluto aiutare perché in serie difficoltà a mantenere le loro famiglie – chiarisce il sindaco –. E’ vero che durante la campagna elettorale agli amici che mi chiedevano consiglio su chi votare ho fatto i nomi di Niccolai e Fratoni, ma senza mai approfittarmi del mio ruolo istituzionale chiedendolo in cambio di favori». Una considerazione poi, se possibile, ancora più amara riguarda l’accusa di peculato: «Mi si contesta di aver utilizzato il telefono del mio ufficio comunale per usi privati, perché ho chiamato qualche volta mia moglie o i miei fratelli – specifica Marco Mazzanti – sempre per brevi comunicazioni, tant’è vero che in totale si tratta di 3 ore e 7 minuti». E conclude: «Sono sereno perché so che la verità verrà fuori, non nascondo però la mia profonda amarezza e il dispiacere. Non ho mai usato la mia figura istituzionale per ottenere vantaggi personali".