Firenze, 21 settembre 2012 - Ci siamo quasi. Renzino la peste cresce. Se a undici anni aveva due convinzioni: scendere in campo da capitan Tsubassa (la serie manga giapponese Holly e Benji ha forgiato la generazione Ottanta) e da
grande fare il giornalista; a sedici, il giornalista lo fa sul serio; dopo qualche intervista sul foglio ‘dissidente’ La Linguaccia di Rignano sull’Arno, firmato dal padre Tiziano, dirige con la firma ‘Zac’ il mensile nazionale Camminiamo Insieme della comunità scout che alla fine di tutto il percorso lo eleggerà capo. Aveva imparato presto a rottamare: identica sorte era toccata al prof ‘fascista’ del liceo e al babbo capo scout con idee diverse dalle sue.

Si sta avviando alla carriera politica. E le avvisaglie c’erano dal principio. "E’ un abile oratore che parla senza fermarsi mai", dice di Matteino chierichetto il parroco don Sassolini. "L’arte della dialettica l’ha fatta sua da subito, declinandola nelle varie forme dell’argomentare", racconta il prof di storia e filosofia ‘rottamato’ Cancemi.

"E’ nato leader", conferma il pensiero di tanti e tanti, dai compagni di giochi a quelli di scuola, Paolo Nannoni, politico e amico di famiglia.

Leggeva il giornale a cinque anni, comandava col pallone, non teneva mai ferma la lingua. Ma Matteo Renzi è stato anche un bambino come tutti, goloso del gelato (il duetto: vaniglia e cioccolato tra due biscotti) con un debole per la pizza: l’avrebbe mangiata a colazione, pranzo e cena. A merenda, non ci stava male un occhio di bue alla marmellata d’albicocche dal Feroci, il bar in piazza, a Rignano.

Decide di fare l’arbitro così, di punto in bianco: aveva sedici anni. Per la disperazione del babbo: "Temevo a ogni partita per la sua incolumità". I campi di calcio tra i giovanissimi possono essere teatro di assurde guerre. "L’ho tenuto a
battesimo, se non avesse smesso avrebbe fatto una carriera importante, aveva grande personalità", dice Alberto Lazzerini, al tempo responsabile tecnico degli arbitri di Firenze. Due episodi sono rimasti nella sua mente marchiati a fuoco.

Lazzerini, anche sindacalista Uil, conosceva bene lo zio di Matteo, Mario Renzi. "Perché sei venuto da solo alla selezione? Perché non ti sei fatto presentare? ‘Non ne vedevo la necessità’. Mi bruciò con la sua risposta", racconta. E poi, la sua capacità di zittire tutti: "Con un coraggio ammirevole, convalidò un gol alla Cattolica Virtus mentre gli avversari protestavano per un fuorigioco inesistente. La contestazione fu pesantissima: spedì fuori quattro calciatori col
cartellino rosso
".

A quel tempo Matteo è già all’università. Lascia l’arbitraggio. Folgorato dalla politica. Senza disdegnare la tv. Nel 1994, per cinque puntate consecutive, partecipa alla Ruota della fortuna del grande Mike Bongiorno, vincendo 48 milioni di lire.

La Pira, il sindaco santo di Firenze, è il suo faro.

Si laurea nel 1999 in giurisprudenza, con la tesi, manco a dirlo, ‘Amministrazione e cultura politica: Giorgio La Pira Sindaco del Comune di Firenze 1951-1956’ con relatore il prof Bernardo Sordi. Voto, ahi, 109. Per un punto Martin perse la cappa e Renzi la lode. Il ricercatore Giulio Conticelli, docente di storia del diritto italiano, presidente della commissione ministeriale delle opere di La Pira, gli consigliò il lavoro da fare e lo seguì lungo il percorso. "E’ stupefacente e singolare, credo che sia il primo caso di sindaco che da studente è stato a scartabellare nell’archivio storico del palazzo che poi è andato a governare", dice Conticelli.

"Non c’erano in ballo le ideologie politiche, c’era da studiare cinque anni di delibere di un sindaco decisionista che faceva quasi tutto in giunta, portava in consiglio comunale pochi e grandi temi. Cinque anni di delibere per capire l’efficacia e l’efficienza dell’azione di governo ispirata dagli ideali costituzionali".

E qui si chiude la carriera misconosciuta di Matteo Renzi, l’uomo del momento, anzi di Adesso. Tutto il resto è cronaca.

3 - fine

di Ilaria Ulivelli