Prato, 2 luglio - HA PROMESSO una sorta di «progetto Prato» e «un’attenzione particolare per la città» il capo della polizia e direttore generale del dipartimento di pubblica sicurezza Antonio Manganelli, ieri in visita ufficiale per ricevere in consiglio comunale la mazza dei Gonfalonieri, la principale onorificenza della città che gli è stata attribuita «quale segno di riconoscenza» per la lotta alla criminalità «che ha portato a notevoli risultati».
Prima di parlare davanti ai consiglieri («Questo riconoscimento è un onore che mi carica d’impegno»), Manganelli ha incontrato il sindaco, l’assessore Milone e il vice sindaco Borchi per discutere dei problemi di sicurezza e legalità di Prato, esplosi di nuovo negli ultimi giorni dopo i tre omicidi all’interno della comunità cinese e le due maxi operazioni della finanza contro l’evasione fiscale. In particolare l’amministrazione ha chiesto al capo della polizia di non abbassare la guardia mantenendo alta l’attenzione e possibilmente aumentando i controlli.

 

Per tutta risposta Manganelli si è impegnato a farsi promotore di un gruppo di lavoro che coinvolga sia le forze dell’ordine che altri enti statali, dall’Agenzia delle entrate all’Ispettorato del lavoro, perché si possa studiare in modo analitico il caso Prato. In particolare si pensa a «liberare» gli uffici amministrativi dagli obiettivi nazionali imposti da Roma (numero di controlli su certe categorie economiche, verifiche generali di settore...) per calibrare il loro lavoro specificatamente sulla realtà locale, in modo da creare «una rete», così l’ha chiamata il capo della polizia, che operi in modo multidisciplinare. Un esempio? «Controllare i parrucchieri va bene, ma forse qui, in questo momento, ci sono altre priorità», ripetevano in tanti durante la cerimonia in Comune. Manganelli ha spiegato il suo progetto a margine dell’incontro con la giunta poco prima di entrare in consiglio comunale.

 

Come viene percepita a Roma la situazione pratese, soprattutto dopo gli ultimi, gravi episodi di criminalità?
«Prato è sempre stata una realtà complessa per la convivenza di diverse etnie. Oggi la crisi che investe l’Italia e l’Europa può esasperare i conflitti. Stiamo facendo un monitoraggio sulle situazioni più complesse in tutta Italia e Prato merita certamente una particolare attenzione, anche se non bisogna drammatizzare il momento. Certo, servono risposte e lo Stato le saprà dare. Intanto stiamo pensando a formule ultieriori per intensificare l’attività, puntando non solo sulla repressione».

 

- A quali progetti si sta lavorando in particolare?
«A progetti mirati e multidisciplinari, perché non serve soltanto un’azione muscolare ma anche altro per la sicurezza reale dei cittadini e per una migliore qualità della vita. Tutti gli attori devono essere messi in squadra: la polizia, i carabinieri, tutte le forze dell’ordine e gli altri enti devono fare rete».
- Si pensa anche ad un potenziamento degli organici della questura di Prato?
«L’organico qui è in linea con quelli a livello nazionale. Siamo abituati ad affrontare le criticità facendoci bastare quello che abbiamo».

 

- In questi giorni a Prato, dopo i delitti e le maxi inchieste sull’evasione, si è parlato di infiltrazioni della mafia cinese.
«E’ sempre complicato parlare di organizzazioni criminali orientali. Si tratta di una malavita più o meno organizzata, come in altre realtà italiane ed europee, non consolidata. Sono certo che le forze dell’ordine arriveranno presto a capo degli episodi di sangue che si sono verificati a Prato. Se poi ci sono infiltrazioni della criminalità organizzata, quella stessa criminalità avrà la risposta che merita. Conosco i problemi di Prato: col sindaco e il prefetto abbiamo condiviso la necessità e la voglia di operare con un approccio multidisciplinare».