Prato, 29 settembre 2010 - MINACCE DI morte e di «far saltare o bruciare le case», coltelli puntati alla gola e pistole rivolte alle tempie. E’ una situazione drammatica quella descritta dai residenti delle case popolari di via Capitini a Galciana durante l’incontro tenuto ieri mattina con l’assessore comunale alla sicurezza urbana, Aldo Milone, e il presidente della circoscrizione ovest, Giovanni Mosca. Si tratta di un complesso residenziale composto da 228 appartamenti tenuto in ostaggio da un singolo nucleo familiare di circa 30 nomadi che genera il panico nella zona.

 

«Mi stanno rovinando l’esistenza — racconta Anna Bacci, residente nelle case popolari — Non siamo più padroni delle nostre vite, delle nostre case. Una bambina di questo gruppo mi ha addirittura dato della prostituta. Questi nomadi si comportano come se fossero i padroni di tutta la zona: minacciano, offendono, sporcano e si ubriacano e noi siamo costretti ad assistere a questa situazione senza poterci ribellare».
 

 

Nemmeno l’intervento di polizia e carabinieri, secondo il racconto di alcuni abitanti, riesce a tenere sotto controllo questa difficile convivenza: «Questa estate i nomadi si sono addirittura permessi di minacciare agenti e militari — dice Dino Melis — Si sentono intoccabili. Ormai non abbiamo nemmeno più il diritto di sederci su una panchina senza il loro permesso».

 

Le polemiche e il racconto degli avvenimenti è infuocato: «Hanno la proprietà di un solo appartamento — sottolinea Riccardo Guarino — ma dentro la casa ci vivono quasi trenta persone. In più parcheggiano i loro camper a piacimento e guai a sistemare le nostre automobili nelle loro vicinanze: più di una volta hanno sollevato le macchine di peso e le hanno spostate in un’altra zona, per fare spazio a stendibiancheria o televisioni».
La paura più grande si genera di notte, quando addirittura si è arrivati alle minacce di morte: «Una sera sono andati ad infastidire mia figlia che stava rientrando a casa — urla Angela Capuano — Mio marito si è subito lanciato in suo aiuto e si è ritrovato con un coltello puntato alla gola. Questa non è più vita, ormai non abbiamo nemmeno più il diritto di uscire di casa quando si fa sera per paura di ritorsioni».
Il culmine è stato raggiunto durante l’estate: «Li ho scoperti mentre facevano comodamente i loro bisogni nel giardino condominiale — dice S. P. — Visto l’accaduto, sono andato a reclamare e come risposta mi sono ritrovato con una pistola puntata alle tempie. In quel momento sinceramente ho pensato al peggio, ma alla fine me la sono cavata solo con un grandissimo spavento. Penso comunque che tutto questo non sia giusto, ci sentiamo abbandonati, come se fossimo cittadini di serie B».