Prato, 20 agosto 2011 - UNA PICCOLA cittadella del tessile, tutta made in China, di quasi 15mila metri quadrati nel cuore di Santa Maria a Colonica. Dopo essersi radicati nei macrolotti, gli insediamenti produttivi cinesi continuano a conquistare porzioni di città. Da qualche settimana infatti anche gli storici locali della filatura San Giorgio, dismessa da qualche anno, sono passati in mani orientali e questo ha finito quasi inevitabilmente per stravolgere le abitudini degli abitanti di Santa Maria a Colonica.
 

 

IL PAESE nella parte sud della città conta poco meno di 800 anime e per conformazione geografica, un po’ come Tavola, era rimasto finora uno dei pochi borghi della «vecchia» Prato dellvecchia» Prato. Invece di recente è stato invaso da centinaia di operai dagli occhi a mandorla che lavorano giorno e notte negli otto capannoni che si estendono per tutti i 15mila metri quadrati dell’area, costeggiando il centro del paese, da via Crocini a via Papi fino a via Campostino.

 

«Speravamo che l’ex filatura San Giorgio potesse diventare uno spazio per costruire una nuova zona residenziale — spiega un abitante di via Crocini, Graziano Batisti — anche perché a Santa Maria a Colonica le aree per realizzare nuove abitazioni sono veramente limitate. Poteva essere un modo per regalare una casa ai nostri figli e invece in pochi mesi l’area si è trasformata in un luogo di degrado, dove lavorano, mangiano e riposano centinaia di cinesi. Dalla finestra di casa mia assistiamo ad immagini tipiche della periferia di Pechino con donne che lavano e cucinano all’aria aperta: la sola differenza è che ci troviamo nel centro di un paese della periferia sud di Prato».
 

 

L’ATTIVITÀ della comunità cinese a Santa Maria a Colonica non si è comunque limitata alla sola fase produttiva. Alcuni imprenditori hanno infatti preso in affitto anche alcune abitazioni in zona, da usare come dormitori per i lavoratori delle varie ditte. Emblematica l’immagine di un letto collocato nel sottoscala dell’ingresso di un palazzo in via Papi, con solo un ventilatore e qualche bottiglia d’acqua a dare un po’ di refrigerio allo sfortunato lavoratore che ci deve dormire. I garage invece sono diventati i punti dove cucinare e conservare le solite pericolose bombole del gas. Per gli allacciamenti della luce il sistema più facile è stato quello di attaccarsi ad una centralina del quartiere.
 

 

«E’ UNA situazione di grosso impatto ambientale e sociale — continua Batisti — l’attività lavorativa cinese dura fino a notte inoltrata, mentre i lavoratori che finiscono prima il turno si ritrovano nei piazzali dei capannoni a parlare e cenare, disturbando chi cerca di dormire. Poi si assiste ad un continuo passaggio di camion e automobili di grossa cilindrata, soprattutto Audi e Mercedes, segno che l’attività che svolgono è molto redditizia».
In passato, sempre a Santa Maria a Colonica, era stata via del Tasso ad essere occupata dalla presenza di aziende cinesi, ma alcuni blitz della polizia municipale hanno arrestato l’espansione del fenomeno.
 

 

«Abbiamo presentato un esposto ai vigili urbani per chiedere un intervento tempestivo in zona — racconta Batisti —. Purtroppo questa mossa non ha ancora avuto gli effetti sperati. Al contempo abbiamo anche chiamato l’Arpat perché secondo noi la qualità dell’aria in zona sta diventando sempre meno salutare. Ci hanno promesso un sopralluogo e noi attendiamo fiduciosi».
 

 

CAMMINANDO di giorno per le strade del centro di Santa Maria a Colonica, comunque, la presenza della comunità cinese passa abbastanza inosservata. Il segno più tangibile è il continuo viavai di camion e furgoni diretti all’ingresso della zona produttiva, mentre sono pochi gli orientali che si soffermano in strada o che frequentano il circolo del paese. Le stesse ditte sono protette da telecamere di sicurezza e vetri oscurati fino ai piani superiori, rendendo praticamente impossibile osservare l’attività produttiva interna ai capannoni.

 

«Mi piacerebbe sapere chi ha dato il permesso per tutto questo — conclude Batisti — Mi rendo conto che si tratta di un’area privata e che il proprietario ne possa disporre a proprio piacimento, ma a tutto c’è un limite. Come si fa a permettere che in un paese di poche anime come Santa Maria a Colonica si possa insediare una comunità cinese quasi superiore al numero dei residenti? Noi restiamo in attesa di una risposta da parte delle istituzioni».