REDAZIONE PRATO

Accusato di stalking, va ai domiciliari. Ma il braccialetto elettronico non c’è

Misura attenuata 20 giorni fa. L’avvocato: "Eppure è ancora in cella"

Stalking (foto di archivio)

Stalking (foto di archivio)

Prato, 29 agosto 2017 -  DA VENTI giorni attende di uscire dal carcere della Dogaia dopo che il giudice, Angela Fantechi, ha disposto l’attenuazione della misura e i conseguenti domiciliari con parere favorevole del pm. Il provvedimento del gip è datato 9 agosto, ma a oggi l’uomo, un quarantenne italiano residente a Carmignano, non è potuto tornare a casa. Il motivo? Il braccialetto elettronico destinato a lui non è disponibile e il detenuto deve mettersi in coda, come se fosse al banco del supermercato.

Si tratta dell’artigiano finito nei guai nel maggio scorso in seguito a un’indagine lampo dei carabinieri. Secondo quanto ricostruito dalle indagini, coordinate dal pm Laura Canovai, l’uomo avrebbe messo in atto una serie di comportamenti persecutori – tra cui dare fuoco a un’auto – nei confronti di una donna di Montemurlo con la quale aveva avuto una breve relazione venti anni prima. L’artigiano era stato inizialmente messo ai domiciliari, ma la misura è stata poi aggravata con la detenzione in carcere dopo che era stata trovata una lettera nella quale il quarantenne chiedeva a un amico di dare fuoco ad altre auto nella zona di Montemurlo per sviare i sospetti su di lui. La lettera finì nella mani degli inquirenti e per l’artigiano si aprirono le porte del carcere. «Si tratta di un incensurato che è in carcere dal giugno scorso. Ha avuto un atteggiamento collaborativo con il pm durante l’interrogatorio reso il 4 agosto», spiega l’avvocato Leonardo Pugi. «In seguito ho chiesto l’attenuazione della misura che è stata concessa il 9 agosto. Il gip ha disposto gli arresti domiciliari specificando nell’istanza di scarcerazione l’esigenza del braccialetto elettronico. Ebbene: è da venti giorni che questa’uomo aspetta di uscire dal carcere. Mi sono attivato con i carabinieri i quali mi hanno spiegato che è necessario attendere l’intervento dei tecnici di Telecom. Mi chiedo se questa è giustizia».

IL GIUDICE aveva disposto l’applicazione del braccialetto elettronico come garanzia per la parte offesa, sollecitando l’intervento della Telecom entro 15 giorni. Nonostante questo il braccialetto non c’è e l’uomo è ancora recluso alla Dogaia. «E’ un padre di famiglia, ha due figli minorenni che lo aspettano, ha una casa – aggiunge Pugi – E’ un artigiano che ha il laboratorio sotto la sua abitazione e che potrebbe continuare a lavorare. Mi hanno spiegato che il numero di questi braccialetti elettronici è limitato e che quindi si può fare poco se non attendere che se ne liberi uno. Ma per quanto tempo ancora? E’ una situazione assurda, la dimostrazione di come i soldi della giustizia siano gestiti male. Una cosa che in Francia non accadrebbe mai nonostante i soldi stanziati per la giustizia siano molto meno che da noi».

Laura Natoli