Prato, 27 agosto 2013 - Sarà un'impresa italiana di Prato, la 'Piacenti Spa', a restaurare il tetto e le finestre della Basilica della Natività. Si è svolta infatti ieri a Betlemme, in Cisgiordania, la cerimonia della firma del contratto a cui hanno preso parte il Primo Ministro dell'Autorià nazionale palestinese (Anp) Rami Hamdallah, il Custode di Terra Santa Padre Pierbattista Pizzaballa, insieme agli alti rappresentanti del Patriarcato Ortodosso ed Armeno, e Giammarco Piacenti per la ditta italiana che, tra 12 altre aziende, ha vinto la gara d'appalto.
Il contratto fa parte della prima fase di un progetto di restauro complessivo del valore di oltre 25 milioni di dollari.
I lavori si sono resi necessari per i danni provocati dalle infiltrazioni d'acqua piovana dal tetto (copertura in piombo risalente al 1400) al legno sottostante, alle pareti, alle colonne e ai mosaici della struttura. Il restauro consisterà nel sostituire le parti rovinate del tetto e nel consolidare la restante struttura: ''un intervento particolarmente delicato - ha spiegato Giammarco Piacenti -perche' il tetto ha la funzione di unire le pareti, tramite le capriate, con un sistema antisismico di catene di contenimento''.
''L'assegnazione della gara alla Piacenti SpA rappresenta - ha detto il Console Generale a Gerusalemme Davide La Cecilia, anche lui presente alla firma - un ulteriore importante riconoscimento della tradizione italiana di eccellenza nel restauro, che qui in Terra Santa ha fornito alcune delle sue migliori espressioni''.
La Cecilia ha ricordato che il restauro della Basilica della Natività ''sarà il frutto di un lavoro tutto italiano: un'Associazione d'Imprese italiane (Consorzio Ferrara Ricerche, l'Università di Carrara, il Cnr-Ivalsa, l'Università di Napoli, l'Università di Siena e la Sapienza di Roma) ha condotto dal 2010 gli studi preliminari e le verifiche strutturali e la ditta di Prato si occuperà ora dei lavori di recupero e restauro''.
Il restauro della Natività - ha aggiunto il Consolato -''rappresenta un importante segnale della forte priorità attribuita dalla istituzioni palestinesi alla conservazione del proprio patrimonio culturale e allo stesso tempo una chiara testimonianza di come persone che professano fedi diverse possano unirsi a tutela dei luoghi di culto''.
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