Prato, 10 febbraio 2016 - Per Prato sabato scorso è stato un giorno storico: due manifestazioni distinte per rivendicare un’unica cosa o quasi. I duemila cinesi che hanno sfilato nel Macrolotto zero, zona in cui abitano e lavorano da oltre venticinque anni reclamavano «sicurezza» stanchi di continui scippi e rapine subiti passeggiando o all’interno dei loro negozi. I cinquecento italiani che al pomeriggio in centro storico hanno percorso le strade dello spaccio rivendicano pulizia dalla droga al grido di «legalità».
Ecco. Legalità e sicurezza. Concetti apparentemente simili, ma molto lontani. I cinesi chiedono giustamente protezione per i portafogli, senza far riferimento a come questi vengano gonfiati. Dalle ispezioni che la task force della Regione effettua ogni giorno emergono costantemente lavoro nero ed evasione fiscale. I duemila cinesi che sfilano pensano a difendere ciò che hanno in tasca, senza badare a come se lo sono procurato. La loro necessità di usare solo contante, li trasforma in bancomat ambulanti alla mercé del primo balordo che incrociandoli, li rapina. E magari utilizza quei soldi per spostarsi trecento metri più in là, all’ombra della cattedrale, dove impera lo spaccio di eroina a 10 euro al grammo: la più conveniente della Toscana. Un prezzo tenuto bassissimo dall’elevata domanda e dal taglio approssimativo della sostanza. Un video delle Iene sullo spaccio ha appena scosso la città e l’Italia. Pratesi e cinesi si rivolgono allo Stato per chiedere gli uni il rispetto di tutte le leggi, gli altri di quelle che frenano i rapinatori. A dimostrazione che restano ancora due città in una. Intanto una delle due ha offerto una straordinaria dimostrazione: una moltitudine impressionante e pacifica che ha fatto immaginare cosa accadrebbe se manifestasse con rabbia. Il rischio del bis di ciò che accadde in via Paolo Sarpi a Milano non è poi così lontano.