Siena, 17 aprile 2013 - IL CANOVACCIO dava al presidente istruzioni chiare. C’erano le domande che avrebbe ricevuto e, soprattutto, le parole che avrebbe dovuto usare per rispondere. Scritto in inglese da Gian Luca Baldassarri, allora capo della finanza della Banca Monte dei Paschi di Siena, il testo fu spedito via fax il 7 luglio del 2009 e serviva a spiegare a Giuseppe Mussari, a quel tempo presidente della banca, cosa bisognasse dire — in inglese — nella riunione telefonica con i banchieri della giapponese Nomura che si sarebbe tenuta di lì a poco.
I MILITARI del nucleo valutario, guidati dal generale Giuseppe Bottillo, lo hanno rinvenuto lo scorso 14 febbraio quando fermarono Baldassarri a Milano. Ed ora è uno degli elementi che i pubblici ministeri di Siena, insieme a molti altri, indicano tra le azioni poste in essere dallo stesso Baldassarri, con l’ex presidente di Rocca Salimbeni Giuseppe Mussari, l’ex direttore generale Antonio Vigni, in concorso con l’amministratore delegato della banca d’affari giapponese Nomura Sadeq Sayeed e con il funzionario dell’istituto asiatico Raffaele Ricci in danno del Monte dei Paschi. Azioni che fanno ipotizzare ai magistrati senesi a carico di questi cinque indagati i reati di «usura pluriaggravata», di «truffa pluriaggavata in concorso mediante induzione in errore» e per i soli Mussari, Vigni e Baldassarri anche quelli di «infedeltà patrimoniale aggravata in concorso» e di «false comunicazioni sociali aggravate».
CANOVACCIO che, unitamente ad ampi stralci della conference call che i vertici di Mps tennero con quelli di Nomura il 9 luglio 2009 per concludere la rinegoziazione del derivato Alexandria, sono al centro del decreto di sequestro preventivo effettuato ieri mattima, dai militari del nucleo valutario a Siena, Roma, Milano, Bologna e Catanzaro per un cifra di poco inferiore ai 2 miliardi di euro (1,8 miliardi a Nomura; 2,3 milioni a Mussari; 9,9 milioni a Vigni e 2,2 milioni a Baldassarri). Una ristrutturazione quella del veicolo Alexandria che, secondo i pm, ha provocato forti danni alle casse di Banca Mps anche per la «corresponsione da Mps a Nomura (che non risulta indagata e che smentisce: «Nessun asset di Banca Nomura è stato sequestrato») di vantaggi a interessi usurari o comunque sproporzionati». Tanto da spingere, appunto, i magistrati senesi a ipotizzare (in maniera inedita nel panorama giudiziario italiano) il reato di «usura aggravata in concorso».
«D’ALTRO canto — scrivono i magistrati nel decreto di perquisizione che Qn ha potuto visionare —, la formidabile e spregiudicata operazione ristrutturatrice pluriennale al centro del procedimento (insieme ad altre, tra cui la ‘gemella’ Santorini’), ha provocato effetti disastrosi alle casse del terzo gruppo bancario italiano, merita senz’altro una risposta penalistica che sia adeguata alla loro inusitata gravità ed al loro rilevante impatto economico-finanziario, anche per il futuro, sull’intero settore bancario italiano e non solo».
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